Il ministro israeliano per gli Affari e il patrimonio di Gerusalemme, Amichai Eliyahu, ha ribadito il suo appello a sganciare una bomba atomica sulla Striscia di Gaza. Non nuovo a simili esternazioni, durante una visita nella città di Hebron, in Cisgiordania, il ministro in questione, su posizioni di estrema destra, ha ribadito il suo appello brutale aggiungendo che la Corte internazionale di Giustizia, che tra l’altro esamina le accuse di genocidio contro Israele, “conosce le mie posizioni“. Il riferimento riguarda presumibilmente i suoi precedenti commenti, secondo cui l’uso di armi nucleari contro Hamas a Gaza dovrebbe essere un opzione sul tavolo.
Le posizioni estreme del ministro israeliano
Eliyahu non è un membro del gabinetto di guerra che dirige la guerra contro Hamas, né fa parte del gabinetto di sicurezza più ampio. Il 44enne ricopre il ruolo di ministro per gli affari e il patrimonio di Gerusalemme e fa parte del partito ultranazionalista Jewish Power, in gioco nella coalizione di governo di Benjamin Netanyahu.
Lo scorso novembre Radio Kol Berama aveva chiesto a Eliyahu se l’uso di armi nucleari su Gaza fosse un’opzione. Secca la risposta del ministro: “Non esiste una cosa come “civili non coinvolti” a Gaza“. In quei giorni il primo ministro Benjamin Netanyahu, il ministro della Difesa Yoav Gallant e altri alti funzionari si affrettarono a respingere le parole di Eliyahu, secondo il quale era sostanzialmente possibile sganciare una bomba nucleare sulla Striscia di Gaza.
“Le parole di Amichai Eliyahu sono distaccate dalla realtà“, aveva fatto presente Netanyahu sottolineando che “Israele e le Forze di difesa israeliane (Idf) stanno agendo in conformità con i più alti standard del diritto internazionale al fine di prevenire danni alle persone non coinvolte, e continueremo a farlo fino alla vittoria“. Il premier avrebbe poi sospeso brevemente Eliyahu dalla partecipazione alle riunioni di gabinetto.
L’atomica sulla Striscia di Gaza
Il controverso ministro israeliano ha quindi di fatto ribadito un concetto già espresso in maniera abbastanza chiara. Tornando alla citata intervista radiofonica di novembre, a Eliyahu era stato fatto presente che nella Striscia di Gaza erano attualmente detenuti circa 240 ostaggi. “Prego e spero per il loro ritorno, ma c’è un prezzo da pagare in guerra. Perché la vita dei rapiti, di cui desidero davvero la liberazione, è più importante della vita dei soldati e delle persone che verranno uccise in seguito?m dichiarava il ministro. E per quanto riguarda gli aiuti umanitari a Gaza la sua posizione era altrettanto ferrea: Non forniremo aiuti umanitari ai nazisti. Non esistono civili non coinvolti a Gaza“.
Eliyahu ha anche sostenuto la riconquista della Striscia e la ricostruzione degli insediamenti israeliani che esistevano in loco prima che Israele si ritirasse unilateralmente dall’area nel 2005. E quando l’intervistatore gli ha chiesto del destino della popolazione palestinese, il ministro è stato chiaro: “Possono andare in Irlanda o nei deserti. I mostri di Gaza dovrebbero trovare una soluzione da soli“. Eliyahu aveva infine anche affermato che la parte settentrionale della Striscia non avrebbe il diritto di esistere, aggiungendo che chiunque sventoli una bandiera palestinese o di Hamas “non dovrebbe continuare a vivere sulla faccia della Terra“. Netanyahu, già nell’occhio del ciclone per il conflitto in corso, rischia di dover fare i conti con nuove polemiche scottanti.