Il Senato ha approvato in prima lettura il ddl Calderoli sull’attuazione dell’autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario: 110 voti favorevoli, 64 contrari e 3 astenuti. Non sono mancati i momenti di tensione durante le operazioni di voto, tali da spingere il presidente di turno Gian Marco Centinaio a sospendere l’Aula. In particolare, i senatori del Partito Democratico è partito il coro con l’inno di Mameli, con i dem che già in precedenza avevano sventolato il tricolore per ribadire la totale contrarietà alla riforma. Dai banchi della Lega, per la precisione da quello di Mara Bizzotto, è spuntata una bandiera del Carroccio.
Grande soddisfazione nel partito di Matteo Salvini. Protagonista di questa riforma, il ministro Roberto Calderoli ha accolto con entusiasmo il via libera di Palazzo Madama:“Con l’approvazione dell’autonomia oggi in Senato si è compiuto un ulteriore passo avanti verso un risultato storico, importantissimo e atteso da troppo tempo. Avevo previsto che oggi sarebbe stata una bella giornata, e così è stato. Questa è una risposta che dovevo a quelle 14 regioni su 15 a statuto ordinario che ce l’avevano chiesto”. Di risultato storico hanno parlato sia il presidente della Lombardia Attilio Fontana, sia il collega del Veneto Luca Zaia, mentre il segretario leghista Salvini ha posto l’accento sul passo avanti“verso un Paese più moderno ed efficiente, nel rispetto della volontà popolare espressa col voto al centrodestra che lo aveva promesso nel programma elettorale, dai referendum di Lombardia e Veneto e dalle richieste dell’Emilia-Romagna e di altre regioni italiane”. Dal vicepremier un pensiero particolare a Bobo Maroni.
Di tutt’altro tenore le posizioni della sinistra, totalmente contraria alla riforma. Per i dem l’autonomia spaccherà e frantumerà l’Italia, con pesanti accuse – da parte di Fico – nei confronti di una“destra anti-meridionalista”. Tranchant la segretaria piddina Elly Schlein: “Giorgia Meloni vuole passare alla storia per essere la presidente del consiglio che ha spaccato l’Italia”. Non è mancata la bocciatura del segretario della Cgil Maurizio Landini, che ha incarnato (come spesso capita) i panni del politico per stigmatizzare un “provvedimento che non porterà nulla di buono ai lavoratori e ai pensionati che rappresentiamo”: “Ma il danno sarà prodotto all’intero Paese: aumenteranno i divari tra Nord e Sud; alla competizione sociale si aggiungerà quella territoriale; cresceranno ulteriormente le diseguaglianze, verrà meno la stessa possibilità di una politica industriale e di coesione nazionale”.
Il testo del ddl Calderoli vuole dare attuazione a quanto previsto dal terzo comma dell’articolo 116 della Costituzione ai sensi del quale – sulla base di intesa fra lo Stato e la regione interessata – possono essere attribuite alle regioni a statuto ordinario, che ne facciano richiesta, forme e condizioni particolari di autonomia in 23 materie: dalla Salute all’Istruzione, dallo Sport all’Ambiente, passando per Energia, Trasporti, Cultura e Commercio Estero. Entrando nel dettaglio della riforma, l’autonomia differenziata prevede la possibilità – da parte delle stesse regioni – di trattenere il gettito fiscale legato alle erogazioni dei servizi per l’utilizzo di quelle risorse sul proprio territorio. Le funzioni autonome potranno essere attribuite solo dopo aver determinato i Livelli essenziali delle prestazioni (Lep). Con l’obiettivo di evitare squilibri economici da regione a regione, il ddl prevede misure perequative. Per quanto concerne i tempi, la procedura per l’intesa tra Stato e regione dovrà durare almeno 5 mesi. Le intese, invece, potranno durare fino a 10 anni, rinnovate o terminate prima con un preavviso di almeno 12 mesi.
Il ddl Calderoli si snoda in 11 articoli e non si tratta di una riforma parziale della Costituzione come invece denunciato dall’ex presidente della Corte costituzionale Ugo De Siervo sul quotidiano La Repubblica e da altri esponenti di sinistra. Come ben evidenziato dal costituzionalista Giovanni Guzzetta, l’autonomia differenziata adottata con legge ordinaria ed è ovviamente impugnabile davanti alla Corte costituzionale: “Le preoccupazioni da questo punto di vista mi sembrano infondate. Così come mi pare sbrigativa e tecnicamente indimostrata l’affermazione che ‘a perdere sono solo gli italiani’; non è una riforma para-costituzionale che fa perdere tempo senza attuare il regionalismo già esistente. Anzi prevede un procedimento per dare attuazione a una precisa norma della Costituzione, l’art. 116”.