– Due mesi di tregua. Due mesi di rifornimenti, aiuti umanitari, vite salvate. Due mesi che avrebbero permesso anche la liberazione degli ostaggi civili ancora oggi detenuti a Gaza. Hamas, ripeto Hamas, ha detto di no. È la guerra, lo capisco, e i rapiti valgono come un’assicurazione nelle trattative. Però quando da domani parleremo degli attacchi israeliani, delle bombe su Gaza e di tutto il resto ricordiamoci che Hamas ha rifiutato il cessate il fuoco per poter tenere degli innocenti ancora sotto le grinfie.
– Secondo uno studio condotto dagli urologi dell’Ospedale di formazione e ricerca di Izmir Bozyaka, in Turchia, e pubblicato sulla rivista International Urology and Nephrology, respirare ossigeno puro per 90 minuti al giorno può essere efficace quanto il Viagra nel trattamento della disfunzione erettile. Quindi occhio che dire “vado a prendere una boccata di ossigeno” da oggi potrebbe avere un doppio senso.
– A chi critica Simone Inzaghi, vorrei solo ricordare che nella sua breve carriera da allenatore ha vinto cinque volte la Supercoppa italiana, di cui due con una Lazio non esattamente da vetta della classifica; ha sfiorato lo scudetto con i biancocelesti, fermato forse solo dal Covid; ha portato a casa tre volte la Coppa Italia e raggiunto una finale di Champions. Se quest’anno vince pure lo scudetto, unico neo della sua storia da mister, forse pure i più feroci critici si ricrederanno. Spiace per i rosiconi.
– L’articolo del Corriere della Sera su Elly Schlein suona come le campane a morto per il segretario del Pd. S’intende politicamente. È una raccolta di fatti, di voci e di retroscena di cui su questa rubrica parliamo da settimane. Elly non funziona in tv, non sa decidere da sola manco il colore del cappotto, figuriamoci se candidarsi o meno alle Europee. Tentenna sulle armi a Israele e sulla guerra in Ucraina, sul fine vita fa infuriare i cattolici, sulla politica estera gli atlantisti, fa organizzare conclavi in hotel di lusso e poi li diserta “per andare al cinema”. Il suo Pd non si capisce se sia più di sinistra a o più riformista, se sta con i Cinque Stelle o con Calenda. Vorrebbe candidarsi a giugno in tutti i collegi, ma per non scontentare Prodi e le altre donne in lista non riesce a prendere una decisione definitiva. Il problema di Elly è che non ha il carisma necessario per fare a pugni sul ring contro Giorgia Meloni, e ormai l’hanno capito pure i sostenitori della prima ora. Qualcuno giura che nelle retrovie dem già si stia lavorando per silurarla non appena verranno letti gli exit poll delle europee.
– Tal Annagaia Marchioro, attrice comica, rilascia un’intervista a Repubblica e afferma che “in Italia è molto difficile fare satira” perché manca la “libertà di parola”. Addirittura siamo “in un’epoca di censura”. Il motivo? “Il fatto che Virginia Raffaele, nella sua imitazione di Beatrice Venezi, abbia suscitato la reazione del ministro della Cultura è un fatto grave e racconta esattamente dove siamo”. Dove siamo? Intanto siamo al punto che, quattro giorni dopo, Annagaia dimentica di spiegare che la Rai ha smentito “categoricamente” pressioni da parte di Gennaro Sangiuliano, tant’è che l’imitazione è andata avanti senza problemi. E poi suvvia: se di una cosa deve lamentarsi la satira, non è delle lamentele dei politici. Semmai dell’auto censura che un certo mondo si impone in onore al politicamente corretto. Quando riprenderete a fare battute su gay, nani, donne e stranieri allora magari riparleremo di “libertà di satira”.
– Breve storia della polemica tra Giorgia Meloni e Repubblica. Il quotidiano fondato da Eugenio Scalfari un giorno sì e l’altro pure critica, attacca, biasima l’operato del premier. Meloni vede un’incongruenza in questo predicare giornaliero e lo va a dire in tv: sulle privatizzazioni non prendo lezioni di italianità da un giornale di proprietà di chi, leggi Agnelli-Elkann, ha regalato la Fiat ai francesi. Apriti cielo. Maurizio Molinari se la prende e parla di “autoritarismo”, di poco rispetto della “libertà di informazione” e tutta la retorica che tanto piace alla stampa che piace. Tuttavia, Meloni non ha chiuso un giornale, non ha licenziato giornalisti, non li ha incarcerati né uccisi. Ha solo avanzato una critica, come lecito fare. La libertà di stampa è una cosa seria e piagnucolare per un battibecco simile, quando ci sono cronisti in giro per il mondo che muoiono per davvero, non è serio.
– Parliamo di Gigi Riva, o meglio di un ricordo che Toni Capuozzo ha condiviso sui suoi canali social. Il campione si trovava in un albergo a Grado, servito da un ragazzino orfano che lì lavorava come cameriere. Poche parole. Una foto. E poi un giro in auto sull’auto lussuosa di Riva. “Quando venne il giorno della partenza – racconta Capuozzo – il campione salutò tutti, e il ragazzino lo ringraziò per quel giro in auto, tornando al lavoro. Il direttore dell’albergo lo chiamò. In una busta lasciata da Gigi Riva per il ragazzino c’erano più soldi di quanti il piccolo cameriere guadagnasse in una stagione”. Un aiuto concreto, senza sbandierarlo, senza pubblicità, senza auto-celebrazione in stile Chiara Ferragni. Come cambiano i tempi.
– Sull’autonomia, approvata dal Senato oggi, qualcuno un giorno dovrà spiegarmi per quale motivo garantire ad alcune Regioni di “andare per conto loro” dovrebbe in qualche modo penalizzare il Sud. Mi spiego: ipotizziamo che la Lombardia migliori sensibilmente i suoi servizi “ampliando il divario che già esiste” con la Calabria, come vanno affermando i critici. Se Milano va avanti e Catanzaro resta ferma, secondo voi cambia qualcosa per i cittadini calabresi? No, zero. Semmai migliora la condizione dei lombardi. Certo: potreste dirmi che trattenendo la tasse sul territorio lombardo, veneto o emiliano, resteranno molti meno soldi (circa 9 miliardi) da redistribuire per “garantire i servizi nelle altre aree del Paese”. Ma se aiutare chi è indietro appare sacrosanto, dopo 78 anni di Repubblica forse sarebbe anche arrivato il momento “il Sud” cercasse di ricucire il divario col Nord con le proprie forze. Magari amministrando meglio, senza aspettarsi che siano altri a pagare. Sennò somiglia molto a un reddito di cittadinanza istituzionale.