Il 7 ottobre 2023, Israele è stato attaccato da un’organizzazione terroristica – Hamas – che ha dedicato la sua intera esistenza alla distruzione dello Stato ebraico e al genocidio del suo popolo. A questi sforzi si sono poi aggiunte le offensive di Hezbollah in Libano e degli Houthi in Yemen, con questi ultimi che hanno esteso la guerra, lanciando attacchi a navi commerciali nel Mar Rosso. Non si tratta di una coincidenza, non stiamo parlando di attori comprimari che approfittano della situazione. Sono attacchi coordinati orchestrati dall’Iran per distruggere lo Stato di Israele. Pur apprezzando i tentativi dei nostri alleati europei di affrontare ognuna di queste sfide, prego che l’Italia, l’Europa e il mondo intero si rendano presto conto che finché non saremo uniti contro l’aggressione iraniana, la pace non potrà essere raggiunta.
L’appeasement – ovvero la strategia delle concessioni e del compromesso davanti alle aggressioni territoriali – è attraente. Come nel caso di Neville Chamberlain nel 1938, l’appeasement è spesso accolta con favore dall’opinione pubblica perché è vista come il modo migliore e più rapido per evitare il conflitto e raggiungere una soluzione pacifica. Sappiamo tutti, però, come finisce questa storia. L’appeasement non porta alla pace, ma sempre alla guerra.
Fortunatamente, l’appeasement e la guerra non sono le nostre uniche due opzioni. La deterrenza – il mantenimento costante dei mezzi necessari per impedire ai nostri avversari di attaccare o minare i nostri interessi comuni – è il terzo e più affidabile modo per mantenere la pace, la prosperità e l’ordine globale. Realizzare un modello di deterrenza che funzioni con successo non è facile, ma è possibile. Il primo passo è comprendere chiaramente il problema.
L’ultimo in ordine di tempo fra quelli che stanno minando la sicurezza dell’Europa e del mondo è l’interruzione da parte dell’Iran del commercio e della navigazione attraverso il Mar Rosso. Quasi il 12% di tutto il commercio mondiale passa attraverso questo canale vitale, e il costo e la disponibilità di beni di uso quotidiano per tutti gli italiani e gli europei sono messi a grave rischio quando è minacciato. Se le compagnie di navigazione sono costrette a dirottare le loro navi intorno all’Africa per consegnare le loro merci ai porti del Mediterraneo e oltre, i costi aumentano su tutta la linea. Questa non è teoria, è realtà: la compagnia di navigazione italo-svizzera MSC ha recentemente aumentato i suoi prezzi in risposta a questi aggiustamenti, e anche le merci che consegna diventeranno più costose. Anche i prezzi globali del petrolio sono aumentati in risposta ai timori di continue interruzioni dell’approvvigionamento, il che significa che i prezzi dell’energia e l’inflazione aumenteranno nei prossimi mesi per tutti gli italiani e gli europei.
Purtroppo, né gli Stati Uniti né i nostri partner europei hanno identificato chiaramente l’Iran come il problema principale. Analogamente al caso degli attacchi di Hamas del 7 ottobre, stiamo trattando gli Houthi come se fossero un’entità indipendente e autonoma. Non è così. Gli Houthi, come Hamas, prendono ordini dal regime di Teheran, che fornisce loro anche supporto tattico e munizioni di vitale importanza. Ecco perché gli attacchi coordinati condotti di recente dall’America e dai nostri alleati contro i siti di munizioni degli Houthi non saranno un deterrente: il vero problema – l’Iran – rimane irrisolto. Finché l’Europa e gli Stati Uniti non convinceranno il regime di Teheran che subirà conseguenze reali e dirette per le azioni dei suoi proxy, le milizie che combattono la guerra per procura, queste offensive continueranno. In effetti, abbiamo già avuto modo di constatarlo: pochi giorni dopo gli attacchi coordinati contro gli Houthi, le forze statunitensi di stanza nel Mar Rosso sono state costrette ad abbattere un missile da crociera antinave sparato da proxy iraniani contro il nostro cacciatorpediniere, la USS Laboon. Le risposte deboli equivalgono all’appeasement. Incoraggiano solo un comportamento più cattivo.
Se l’America, l’Italia e l’Europa vogliono mettere in sicurezza il Mar Rosso – anzi, se vogliamo un Medioriente pacifico e prospero – dobbiamo finalmente compiere il passo, da tempo atteso, di individuare nell’Iran il vero fattore di instabilità della regione. Questo è stato l’approccio adottato dall’amministrazione Trump: isolare e sanzionare l’Iran e dare potere ai partner mediorientali che si oppongono al desiderio degli ayatollah di dominare la regione. Alla fine, questa strategia ha portato agli storici accordi di pace di Abraham, che hanno gettato le basi per un futuro più luminoso e pacifico per il Medioriente. L’abbandono di questo approccio a favore dell’appeasement verso l’Iran ha invece portato alla violenza a cui assistiamo oggi. Insieme, dovremmo usare tutti gli strumenti a nostra disposizione – sanzioni, potere duro e dimostrazioni di forza – per isolare e indebolire nuovamente Teheran. Finché non lo faremo, la situazione in Medioriente continuerà a peggiorare.
I leader degli Stati Uniti e dell’Europa dovrebbero considerare la crisi nel Mar Rosso come un’opportunità per inviare un messaggio chiaro: siamo uniti nel dissuadere non solo l’aggressione iraniana, ma anche i Paesi-canaglia di tutto il mondo. Dimostrando di avere la capacità e la volontà di dissuadere collettivamente l’Iran e di mantenere il Mar Rosso libero e aperto, possiamo iniziare a invertire il decadimento della politica della deterrenza, che ha già portato alla guerra in Ucraina e in Medioriente e che minaccia di coinvolgere anche Taiwan e l’Asia orientale. Non possiamo risolvere queste crisi insistendo sulle stesse politiche che le hanno prodotte. Dobbiamo perseguire la deterrenza collettiva.