“Rombo di tuono” è morto. Gigi Riva, il campione che verrà sempre ricordato per aver portato lo scudetto in Sardegna, si è spento oggi all’età di 79 anni dopo essere stato colpito improvvisamente da un infarto, mentre si trovava nella sua casa di Cagliari.
L’infanzia difficile e gli esordi
Nasce a Leggiuno, in provincia di Varese sulle rive del lago Maggiore, da una famiglia non benestante. La madre fa la casalinga, mentre il padre, medaglia di bronzo al valore della Prima guerra mondiale, muore quando Gigi ha solo 9 anni a causa di un incidente nella fonderia per cui lavorava. Gigi trascorre, dunque, la sua infanzia in tre diversi collegi della Lombardia dai quali scappa ripetutamente. “Erano molto severi, ci obbligavano a pregare e solo allora ci davano il pane per mangiare… ci umiliavano perché eravamo poveri e allora scappai più di una volta”, dirà parecchi anni più tardi ricordando quel triste periodo della sua vita. Muove i primi passi nel mondo del calcio con la maglia del Laveno e, poi, con quella del Legano, squadra che lo fa esordire in serie C nel 1962-1963. In totale 5 gol in 22 partite che gli valgono la convocazione nella Nazionale juniores. Italia-Spagna all’Olimpico del 13 marzo 1963 è la partita della svolta.
La consacrazione col Cagliari
A osservare le sue prestazioni ci sono i dirigenti del Cagliari che, durante l’intervallo della partita, siglano l’accordo col Legano. La squadra sarda, che all’epoca militava in serie B, acquista Gigi Riva per 37 milioni di lire, battendo sul tempo la concorrenza del Bologna che aveva persino offerto una cifra maggiore (50 milioni di euro). Troppo tardi, la giovane promessa si trasferisce a Cagliari dove in poco tempo diventa l’idolo dei tifosi. Nella stagione ’63-’64 con 8 gol in 28 partite contribuisce alla promozione del Cagliari in serie A dove esordisce all’Olimpico contro la Roma il 13 settembre 1964. Dopo appena tre stagioni, nel 1966-67, si laurea capocannnoniere del campionato con 18 reti.
Fin da subito il ‘nordico’ Riva stringe un legame molto particolare con l’Isola che non lascerà più fino alla fine dei suoi giorni. “Io sono sardo perché sono di poche parole, spesso e volentieri ho il muso, mi preoccupo per i problemi di questa terra bellissima e reagisco a modo mio”, dirà. Nel 1970 vince lo scudetto col Cagliari e viene ribattezzato “Rombo di tuono”, soprannome affibbiatogli da Gianni Brera durante la partita Inter-Cagliari di quell’anno straordinario in cui con 21 gol in 28 partite diventa capocannoniere per la terza volta. ”Avevamo festeggiato con tutta la squadra. Gli scapoli vivevano insieme in una foresteria e i tifosi venivano anche di notte a tenerci svegli”, dirà parlando dello scudetto. Sfiora la vittoria del Pallone d’oro nel 1969 classificandosi secondo dietro Gianni Rivera e nel 1970 arrivando terzo dietro Gerd Müller e Bobby Moore.
Le vittorie con la Nazionale
Con la Nazionale vince l’Europeo del 1968, segnando anche una rete nella finale bis di Roma contro la Jugoslavia. Nel 1970, invece, fa il terzo gol dell’Italia nella storica semifinale del campionato del Mondo in Messico contro la Germania Ovest. Riva chiude la sua carriera con 35 gol segnati in 42 partite, un record che è tutt’ora imbattuto. Rivestirà nuovamente la maglia azzurra in qualità di dirigente, molti anni dopo il suo ritiro. A volerlo in Nazionale nel 1987 è l’allora presidente della FIGC Antonio Matarrese che, tre anni dopo, lo nomina accompagnatore della nazionale maggiore e poi team manager, ruoli che ha ricoperto fino al 2013. In totale sono 6 i Mondiali a cui Gigi Riva è presente, compresi quindi sia Usa ’94 quando l’Italia arriva seconda nella finale persa ai rigori contro il Brasile sia quella vinta nel 2006 contro la Francia.
Gli ultimi anni insieme ai rossoblù
Ma il nome di Riva, come dicevamo, è legato indissolubilmente al Cagliari, squadra dove milita fino al 1977, quando si ritira. Il periodo immediatamente successivo allo scudetto del 1970 è contrassegnato da alcuni importanti infortuni, ma nonostante il Cagliari non sia più lo squadrone di un tempo, Rombo di tuono riesce ancora a dimostrare il suo valore. Nel 1971-’72 disputa 30 partite in Serie A e segna 21 gol, consentendo ai sardi di chiudere il campionato al quarto posto. Nelle due stagioni successive segna rispettivamente 12 e 15 gol, ma il primo febbraio 1976 subisce un bruttissimo infortunio.
“Correvo, avevo Bet al mio fianco. Cercai di compiere una torsione. I tacchetti mi bloccarono il piede al terreno e mi girai solo con l’anca. Avvertii il dolore acuto di quando si rompe qualcosa. Crollai a terra. Mi portarono via in barella. È finita, pensai”. Era finita”, racconterà Riva che, dopo quell’incidente appenderà gli scarpini al chiodo. “Non ci sentivamo soltanto la squadra di Cagliari, ma il simbolo di tutta la Sardegna. Io rispondevo alle ingiustizie a muso duro, e spesso mi perdonavano perché ero importante per la Nazionale e non potevano squalificarmi: allora, gli squalificati non venivano convocati”, è un altro degli aneddoti di Riva che dalla fine degli anni ’70 fino alla chiamata di Mattarrese ricopre vari ruoli come dirigente della squadra sarda. Nel 2019 era stato nominato presidente onorario del Cagliari dal patron Tommaso Giulini, mentre nel 2005 il sindaco del capoluogo sardo gli aveva concesso la cittadinanza onoraria.