“Lei è anticomunista?”. Ma Rosy Bindi gela lo studio: cosa (non) ha detto

"Lei è anticomunista?". Ma Rosy Bindi gela lo studio: cosa (non) ha detto

La sinistra italiana perde il pelo ma non il vizio. Mentre il Pd di Elly Schlein è impegnato sia a indignarsi per quattro nostalgici vergognosi col braccio teso sia a scansionare il passato di Fratelli d’Italia, i suoi ex esponenti di spicco non riescono a dire la parola magica: anticomunismo. O, meglio ancora, anti-totalitarismo. È questo il caso di Rosy Bindi, ex presidente del Partito democratico e “madre nobile” del centrosinistra odierno.

A domanda secca sul suo presunto anticomunismo, l’ex figura di spicco della gauche nostrana preferisce sviare la questione e buttare la palla in tribuna. Incalzata per l’occasione da Massimo Gramellini, giornalista e conduttore del talk show In Altre parole su La7, la reazione di Rosy Bindi è sintomo della cosiddetta superiorità morale della sinistra.“Lei si definisce anticomunista?”, domanda Gramellini per togliere qualsiasi dubbio. “Io – replica di getto Bindi – sono una donna di sinistra e sono antifascista. Sul comunismo ancora nulla:“Io – prova a rimediare – non sono mai stata comunista”. Ma poi aggiunge: “Ho contribuito ad avere reso il comunismo un fattore integrante della democrazia”. “In questo Paese – conclude tirando in ballo il ritornello preferito dal Pd – il comunismo è rientrato nel processo democratico, i comunisti hanno scritto la Costituzione, i fascisti no”.

La risposta dell’ex presidente dem, purtroppo, certifica nuovamente la presenza di una sinistra attenta agli errori storici degli avversari e, al contrario, colma di retorica e finto buonismo sulle ambiguità del proprio passato. Una sinistra che si ricorda, giustamente e legittimamente, le terribili conseguenze del fascismo e però si dimentica a piacimento delle drammatiche ripercussioni che il comunismo ha avuto in tutto il mondo. Una sinistra allo stesso tempo piena e vuota di memoria storica. Un’amnesia a intermittenza che ha colpito il fronte democratico anche negli ultimi anni. È infatti lo stesso Partito democratico che, più o meno volontariamente, si scorda della risoluzione del 2019 approvata dal Parlamento europeo.

Così sempre attenti alle sentenze europee, dalle parti del Nazareno si sono scordati il testo di questa risoluzione che equipara i simboli e i costumi del nazifascismo a quelli del comunismo. Un testo che, tranne a sinistra, non lascia spazio a molte interpretazioni nel merito. La stessa identica questione sollevata, solo qualche giorno fa, dal ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano che rispondeva alle solite domande dei cronisti sull’antifascismo. “Lei si definisce anticomunista?”, replicava piccato il titolare del dicastero della Cultura ai giornalisti presenti. Una domanda troppo difficile per i nostalgici di sinistra.

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