Le foto raccontano un’epoca. Ecco Bettino Craxi che stringe la mano a Helmut Kohl, poi mentre parla con Jacques Delors e in compagnia di Margaret Thatcher. Da una piccola galleria d’arte incastrata nella Medina di Hammamet, Stefania Craxi rilancia l’attualità del padre, scomparso 24 anni fa, il 19 gennaio 2000: «Bettino Craxi vedeva molto lontano, era un uomo lungimirante. Per esempio, sull’Europa: ecco perché quest’anno per le commemorazioni la Fondazione Craxi ha pensato ad una mostra fotografica, esposta con il titolo Craxi e l’Europa».
Stefania Craxi, lei è presidente della commissione Esteri e difesa del Senato. L’Italia ha una sua voce nel contesto internazionale, l’Europa invece balbetta. La lezione di Bettino Craxi è andata perduta?
«La lezione di Craxi è drammaticamente attuale. Papà fu forse il primo a sottolineare che l’Europa si stava dando uno scheletro economico, ma mancava la dimensione politica. La più importante, relegata già negli anni del suo esilio in un angolo. Craxi, vero visionario, arrivo a dire, proprio qui dalla Tunisia, che i parametri di Maastricht dovevano essere rivisti. Era in anticipo sui tempi, forse di decenni. Fra l’altro puntava il dito contro la radicalizzazione islamista e sosteneva che si dovesse chiudere al più presto il conflitto israelo-palestinese, altrimenti – spiegava – quella vicenda diventerà il pretesto per accendere altri focolai di guerra».
Previsione azzeccata?
«Purtroppo sì. Il conflitto in Medioriente è un altro game changer del nostro tempo, un moltiplicatore di instabilità globale. È probabilmente dal 1945 che non vi era un periodo così gravido di pericoli per l’umanità».
Bettino Craxi era più vicino ai palestinesi?
«Un attimo, Craxi aveva un solido rapporto con l’Olp e Arafat. Ma nello stesso tempo coltivava l’amicizia con il mondo israeliano e con la sinistra laburista. In particolare, era in sintonia con Shimon Peres con il quale coltivava un rapporto profondo anche all’interno dell’internazionale socialista. A scanso di equivoci, vorrei ricordare che l’Olp di quel periodo non aveva nulla a che vedere con i terroristi di Hamas, come li abbiamo conosciuti il 7 ottobre scorso. Quella è stata una carneficina brutale, senza precedenti, che ha spento anche le speranze dei palestinesi moderati, alla ricerca della pace. Allora Craxi fu protagonista di un mezzo miracolo politico».
Quale?
«Spinse Arafat sulla strada della trattativa con Israele, lo rese un interlocutore credibile dell’Occidente. Oggi purtroppo la crisi dell’Autorità palestinese ha dato forza ad Hamas che non punta all’indipendenza della Palestina, ma solo la distruzione di Israele. Basta vedere le dichiarazioni degli scorsi giorni in cui si rigetta totalmente la prospettiva dei due Stati».
La soluzione di questo disastro quale può essere?
«La soluzione era e resta una sola: due popoli e due stati. Una formula che però va messa sul carta, o meglio, sulla cartina. Cosa tutt’altro che semplice. Al contempo dobbiamo combattere gli estremismi da una parte e dall’altra».
La sinistra?
«La sinistra ha perso la bussola in politica interna e estera. Oramai insegue i pentastellati sul terreno della demagogia che rende quella ipotetica coalizione del tutto inadeguata ad assolvere agli impegni internazionali del Paese».
Schlein?
«Massimo rispetto. Ma la Schlein non è pervenuta, e con essa tutto il Pd del resto. Anche nell’anniversario della morte di mio padre ho ricevuto moltissimi messaggi e ho letto decine di agenzie, ma dalle parti del Pd, di tutto il Pd, ho registrato solo un assordante silenzio».
Perché, secondo lei?
«Perché non hanno fatto, non voglio e non possono, i conti con Craxi, con l’idea di una sinistra moderna e riformista. Il loro atto fondativo è e resta Mani pulite».
C’era la questione morale che travolse il Psi.
«Il tema era dare una fine politica alla prima Repubblica, mettere in soffitta le pratiche della Guerra Fredda. Craxi indicò l’unità socialista, loro scelsero la via giudiziaria per andare al potere. E così iniettò dosi di velenoso moralismo nella società».
Craxi quest’anno compirebbe 90 anni.
«Craxi ha scelto di morire in Tunisia e la sua tomba, nel rispetto delle sue volontà, resta ad Hammamet. Sottolineo anche che la Tunisia attraversa un momento difficile, i generi alimentari scarseggiano e sarebbe uno scandalo se l’Europa lasciasse naufragare un paese di 12 milioni di abitanti che è a pochi chilometri da noi».
Sua mamma, Anna?
«Anche lei sta per tagliare il traguardo delle novanta candeline. Ma festeggerà in Italia. A quell’età si sta vicino alla famiglia. La casa di Hammamet dalla metà degli anni Settanta, un pezzo della mia vita e della storia italiana, ormai è chiusa quasi tutto l’anno».