Quell’ora di religione per capire Dante, Giotto e Tommaso

Quell'ora di religione per capire Dante, Giotto e Tommaso

Non più il classico momento giusto per preparare all’ultimo momento il compito o l’interrogazione successiva. E bene ha fatto il monsignore a sbarcare nella contemporaneità e approdare sui social per spiegare a studenti e genitori che quella «non è un’ora di catechismo, ma di religione» da sfruttare per arricchire il proprio bagaglio di cultura e soprattutto la propria umanità. Con tutto il rispetto dovuto ai catechisti che per generazioni negli oratori (purtroppo oggi in via di estinzione) hanno instradato legioni di ragazzi sulla corretta via dei valori cristiani. Buoni da seguire come pratica di vita anche a non credere al Dio del Vangelo, perché non rubare,

non uccidere, non mentire e non desiderare la donna d’altri sono precetti del buon vivere che consentono di essere comunque buoni cittadini. Cristiani o no.

E dunque ben venga anche l’appello dell’arcivescovo metropolita di Ravenna-Cervia che per porre rimedio alla fuga dall’ora di religione, spiega dei video sui social che quella «è un’opportunità di crescita personale, di conoscere in modo critico il mondo che ci circonda. Aiuta anche a comprendere meglio altre discipline, perché i collegamenti con altre materie, alcune anche insospettabili, sono tanti. È un’ora nella quale si insegna la dimensione culturale della religione». Perché per studiare Dante nell’ora di italiano è meglio conoscere inferno, purgatorio e paradiso, così come per capire Giotto

e Piero della Francesca nella storia dell’arte, ma anche in filosofia quei giganti di sant’Agostino, san Tommaso d’Aquino (nella foto) e Antonio Rosmini. E magari capire cosa fu la Battaglia di Lepanto. Può bastare per evitare di considerare l’ora di religione una perdita di tempo? Ricordando che le radici non solo dell’Italia, ma dell’Europa proprio lì affondano.

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