Roma – Una tifoseria ancora orfana di Mourinho (dopo gli striscioni, ieri il grazie al portoghese con un manifesto che lo raffigura mentre bacia la Conference) prova ad andare avanti. Così come la Roma: scatta l’era di Daniele De Rossi in panchina e all’Olimpico oggi arriverà quel Verona che a inizio stagione ha posto il primo tassello della stagione sofferta per i giallorossi. Culminata con il clamoroso quanto plausibile esonero dello Special One che ora potrebbe subito sfidare la Roma nell’amichevole in Arabia di mercoledì contro l’Al Shabab se il tecnico lusitano dovesse accettare l’offerta dei sauditi di Riad.
Ventuno anni fa il debutto in serie A da calciatore, ora per l’ex Capitan Futuro quello da tecnico della squadra che è la sua seconda pelle. «Ma ai Friedkin ho chiesto di essere trattato solo da allenatore, non da bandiera o da leggenda, non voglio essere messo a fare il giro di campo con il lupo Romolo…», ha precisato De Rossi – che indica Spalletti e Luis Enrique come suoi modelli – seduto in tuta sulla poltrona della sala stampa di Trigoria. L’ultima volta fu il 14 maggio 2019 quando comunicò la fine del suo rapporto da calciatore.
Un contratto firmato praticamente in bianco con il club giallorosso («non sogni di prendere il posto del tecnico più titolato della storia, ma non mi hanno puntato una pistola alla tempia e la storia è piena di traghettatori che poi sono rimasti, vedi Palladino»). Sguardo fiero e testa alta nella sua prima conferenza da allenatore della Roma. Nella quale rivela di aver sentito Totti («era felice e stupito quanto me»). DDR è consapevole della difficile eredità raccolta: «I tifosi soprattutto negli ultimi anni sono stati importanti, ma credo possano amare Mourinho e anche me. Se sia stata la scelta giusta lo scopriremo, per me è una grandissima occasione. Non si rifiuta la Roma, come accaduto a Pirlo anni fa quando accettò la Juve. Me la giocherò alla morte per restare qui».
E quando gli si fa notare che molti, in una piazza ancora scossa, dicono che è stato preso dal club come effetto calmante, si irrigidisce un po’. «Non sono stupido, è ovvio che non mi hanno scelto per i miei risultati alla Spal… Ma se avessero preso altri allenatori, sicuramente la reazione sarebbe stata peggiore, a breve termine». La sua Roma ripartirà da calciatori che erano con lui in campo quando quattro anni fa si tolse per sempre la maglia giallorossa numero 16: «Mi sento allenatore più in campo che negli spogliatoi, ma sono certo ci si possa rispettare anche essendo amici, io non devo fingere». Il primo tocco personale sarà il cambio di modulo, con la difesa a 4 a lungo invocata ai tempi di Mou. Al quale ha inviato un messaggio non solo di circostanza: «Lo fece anche lui quando iniziai ad allenare la Spal, mi sembrava un gesto dovuto e giusto. Ora spero che l’emozione non mi giochi brutti scherzi alla prima…».