Sarà il tribunale del Riesame, dopo l’udienza fissata per lunedì mattina, a stabilire se è stato correttamente realizzato e motivato il sequestro di “La cattura di San Pietro”, l’ormai famoso quadro del seicento di Rutilio Manetti, sospettato di essere l’olio su tela trafugato nel 2013 dal castello di Buriasco, vicino a Pinerolo, nel torinese. La difesa di Sgarbi potrebbe rinunciare all’istanza di dissequestro, dopo avere visionato gli atti della procura di Macerata. Anche se allo stato sembra che l’udienza si celebrerà correttamente lunedì. “I massimi esperti d’arte sono stati interpellati da me sul dipinto. Lo hanno visionato prima del sequestro. I nomi non li faccio. Lasciamoli lavorare”, ha detto nei giorni scorsi a IlGiornale Vittorio Sgarbi, che già sta preparando una sua indagine difensiva, con consulenti da lui pagati. Per gli accertamenti necessari sul quadro e stabilirne l’origine, anche la procura di Macerata ha delegato i propri consulenti, che sono ora al lavoro sul dipinto rintracciato e sequestrato dai carabinieri del Nucleo tutela del patrimonio nei magazzini della casa museo di Sgarbi di Ro Ferrarese, nel comune di Riva del Po.
La mozione delle opposizioni e la replica di Sgarbi
Oggi alla Camera le opposizioni hanno depositato una mozione sulla vicenda. “É un atto strumentale – la replica del sottosegretario – costruito su insinuazioni e false ricostruzioni diffuse da un giornale, Il Fatto, notoriamente organo di propaganda dei 5 Stelle, e da una trasmissione, Report, che ha costruito un teorema di supposizioni con il chiaro intento di gettare discredito su di me. Una miserabile e inaudita campagna di delegittimazione, così sfrontata e plateale che i due autori della falsa ‘inchiesta’ da giorni non esitano a rilanciarla sui social facendosi spalleggiare da noti esponenti delle opposizioni. Il giornalismo deve raccontare i fatti, non manipolarli per colpire avversari politici“. E ancora: “Le indagini della magistratura, alla quale ho garantito tutta la mia collaborazione, accerteranno la limpidezza del mio operato. La mia vita è stata dedicata alla difesa del patrimonio artistico. Per questo ritengo una violenza insopportabile essere trattato da colpevole, dando credito a mestatori e untori, in un rigurgito di bieco giustizialismo che ci riporta indietro negli anni“.
La nuova indagine milanese sulle opere sparite di Gianni Agnelli
Intanto a Milano la procura con il pm Cristian Barilli e l’aggiunto Eugenio Fusco, ha aperto un fascicolo per ricettazione, a carico di ignoti, sul caso delle 13 opere d’arte di valore inestimabile collezionate dall’Avvocato e poi ereditate da Margherita Agnelli. A gennaio la gip Lidia Castellucci, che ha archiviato le posizioni di un gallerista svizzero e di un suo collaboratore, ha però ordinato ai pm di indagare ancora sentendo come persone informate sui fatti due governanti della moglie di Gianni Agnelli e di consultare le banche dati della piattaforma Sistemi Uffici Esportazione del Ministero della Cultura e per verificare i movimenti delle nuove opere. La procura ha così aperto un nuovo fascicolo, a modello 44 cioè con ipotesi di reato ma senza (al momento) indagati.