Il guru delle crypto sommerso di denunce

Il guru delle crypto sommerso di denunce

C’erano una volta le televendite, i teleimbonitori, i maestri di vita che offrivano soluzioni rapide e facilissime per diventare ricchi. Bastava telefonare al numero in sovraimpressione e i sogni potevano diventare realtà. Dopo aver aperto il portafoglio, si intende. Ora i tempi sono cambiati, guru e, soprattutto, paraguru vivono sul Web. Giovani, belli, palestrati. Sfoggiano vite da copertina in posti che i comuni mortali possono solo sognare. In Ferrari a Dubai, sull’aereo privato chissà dove o in un grande albergo mentre tengono corsi in cui spiegano a folle adoranti il segreto del loro successo. Accattivanti, senza dubbio. Al punto che centinaia di persone sono portate a pensare il più classico dei «perché io no?», e decidono di affidare i propri risparmi al fenomeno di turno che promette di far svoltare la vita con un piccolo investimento. L’ultimo della lista è Nicholas Coppola, che a soli 28 mostrava la sua vita da copertina sui social spacciandosi per esperto in criptovalute, fondi ed altri strumenti finanziari, e prometteva guadagni da sceicco, ovviamente sicuri, convincendo frotte di persone a riempirlo di soldi che lui avrebbe dovuto far fruttare. Ma da poco prima di Natale, Coppola si trova agli arresti domiciliari e ora stanno fioccando le querele a suo carico con inevitabili richieste di danni perché i capitali raccolti li teneva per lui.

Secondo la procura di Verona e la Guardia di Finanza infatti, la sua vita dorata era in realtà frutto dell’inganno. L’accusa a suo carico è di esercizio abusivo dell’attività di promotore finanziario, e presunti illeciti da oltre mezzo milione di euro perché secondo quanto ricostruito né lui né i suoi fantomatici collaboratori (ora ricercati) hanno regolare mandato per svolgere attività legata all’offerta, promozione, sollecitazione, gestione di servizi di investimento, trading, scambio di valute virtuali o digitali. Eppure bastava lo specchietto social per portare un numero ancora imprecisato di persone a fidarsi di lui. Lui che ce l’aveva fatta, lui che faceva la vita che tutti sognano di fare. Lui che, invece, è solo l’ultimo protagonista del più classico schema Ponzi per cui i soldi i raccolti, secondo l’accusa, finivano nelle sue tasche.

«Nessuno può essere libero finché indotto o costretto ad essere simile agli altri», scriveva come perla di filosofia a corredo di una delle tante foto che lo ritraevano qua e là a far la bella vita. Da enfant prodige della moneta virtuale, a vittima di se stesso e presunto tuffatore nella vita reale. Del resto di fenomeni come lui ce ne sono a bizzeffe sui social. E per loro fortuna, in tanti sono anche quelli che abboccano nonostante insieme alle promesse di facili guadagni circolino anche appelli a diffidare di chi promette di fare soldi facili. Cliccare humanum est, ma fino a un certo punto.

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