La vicenda, fortunatamente a lieto fine, che ha visto protagonita una bambina di soli sei anni alle prese con una crisi epilettica mentre si trovaba scuola e salvata dalla bravura degli operatori del 118 che al telefono hanno istruito le maestre in attesa dei soccorsi fa luce su una patologia di cui soffrono almeno 65 milioni di persone in tutto il mondo e circa 500mila nel nostro Paese con poco meno di 40mila nuovi casi che si registrano ogni anno. A spiegare in modo chiaro e dettagliato di cosa si tratta l’ha fatto il prof. Federico Vigevano, Responsabile del Dipartimento delle Disabilità evolutive del Gruppo San Raffaele e neurologo trai massimi esperti di epilessia.
Cos’è l’epilessia
L’epilessia è innanzitutto un disturbo cronico del cervello la cui caratteristica è l’insorgenza di crisi spontanee e ripetute. “È più corretto parlare di epilessie – spiega il prof. Vigevano indicando che, tra le cause – ci sono forme genetiche, dovute a lesioni cerebrali congenite o acquisite, forme dovute a malattie progressive con quadri clinici ed evoluzioni completamente diversi”. La caratteristica comune della crisi epilettica è “una scarica elettrica abnorme a livello del nostro cervello che può interessare una parte di esso o tutto”.
Quali sono le cause
Gli esperti spiegano che le motivazioni per cui un paziente, giovane o anziano che sia, abbia l’epilessia sono molteplici e può essere causata da fattori genetici così come da alcuni danni che ha subìto il cervello in base a traumi anche prima della nascita e chiamati prenatali ( traumi durante il parto, mancanza di ossigeno). La patologia ha origini anche in anomali sviluppi del cervello così come nelle lesioni cerebrali causate da traumi ma anche dovute a infezioni (meningiti, encefaliti e neuro cisticercosi), ictus e tumori al cervello.
Cosa succede
Il prof. Vigevano spiega che dal punto di vista clinico il paziente può presentare una compromissione della coscienza di breve durata che non richiede particolari assistenze. “Quando invece ha la classica crisi in cui cade a terra, perde coscienza, diventa rigido e si scuote può anche diventare scuro perché in quel momento c’è un arresto del respiro, bisogna stare vicino al paziente, metterlo su un fianco evitando che scuotendosi possa farsi male. Evitiamo anche di fare manovre di intervento eccessivo come quello di aprire la bocca perché non serve assolutamente a nulla”, sottolinea. La crisi si risolve spontaneamente in uno-due minuti e il paziente riprenderà a respirare: il neurologo rassicura sul fatto che la crisi epilettica così drammatica “è molto coinvolgente ma non lascia danni a livello del cervello: per causare dei danni dovrebbe durare mezz’ora e questi sono eventi veramente rarissimi”.
Quali sono i trattamenti
Il termine epilessia deriva dal greco e significa cogliere di sorpresa ed è questo il problema delle crisi epilettiche, ossia la loro imprevedibilità: il prof. Vigevano spiega che il 70% dei pazienti raggiunge il controllo delle crisi con la terapia anti-piretica mentre il restante 30% dei casi può giovarsi di altre terapie come la chirurgia dell’epilessia se si tratta di un’epilessia di tipo focale ma anche una dieta chetogena o la stimolazione del nervo vago. “Il percorso diagnostico in questo campo si basa su un’attenta raccolta dell’anamnesi e poi si passa alla fase diagnostica-strumentale con l’elettroencefalogramma che ha un ruolo primario in quanto ci permette di studiare come funziona il cervello”.
Massima importanza per studiare a fondo l’origine delle crisi epilettiche è la neuroimmagine che studia come è fatto il cervello per scoprire se sono presenti lesioni, formazioni o lesioni progressive. “Se sospettiamo un’eziologia genetica faremo indagini genetiche, se sospettiamo un’eziologia metabolica faremo indagini metaboliche. C’è tutto un complesso di studi che servono per la diagnosi precisa“, conclude il neurologo.
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