Eni, il Tesoro è pronto a vendere il 4%

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Il Tesoro intenderebbe vendere fino al 4% di Eni al termine del piano di buy back avviato dal gruppo guidato dall’ad Claudio Descalzi con scadenza aprile. Il ricavato, secondo quanto confermato da fonti del Tesoro, si aggirerebbe attorno a 2 miliardi e sarebbe destinato alla riduzione del debito. Il management del cane a sei zampe in una recente conference call aveva annunciato di voler anticipare la chiusura del buy back.

Il Tesoro, che detiene il 4,67% di Eni, non ha rilasciato commenti ufficiali all’indiscrezione, così pure il gruppo petrolifero. La Nadef 2023, tuttavia, prevede privatizzazioni per circa 20 miliardi di euro (1% del Pil) nel triennio 2024-2026. Un antipasto di questo nuovo orientamento era stato rappresentato dal collocamento lampo del 25% di Monte dei Paschi con un ricavo di 900 milioni di euro, mentre proprio ieri è stato reso noto che la Rai (controllata al 99% dal Mef) sta programmando la cessione del 15% circa di Rai Way per un controvalore di 200 milioni (vedi articolo sotto). La cessione del 4% di Eni è il primo risultato dei colloqui del ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, con i principali manager del settore finanziario internazionale. Mercoledì a Davos il titolare del Tesoro si era intrattenuto in particolare con il ceo di Jp Morgan, Jamie Dimon, che si era mostrato interessato al piano di dismissioni. Analoga attenzione gli era stata riservata dal ceo di Bridgewater, Ray Dalio, e da Brian Moynihan, numero uno di Bank of America. Giorgetti aveva inoltre incontrato i ministri finanziari di Arabia Saudita, Qatar e Hong Kong. La ricerca di nuovi investitori è fondamentale non solo per il successo del piano di privatizzazioni (che dovrebbe comprendere anche Poste e Fs), ma anche per il collocamento sul mercato del debito pubblico, considerato che la Bce ridurrà progressivamente la sostituzione dei titoli in portafoglio in scadenza con altri dello stesso emittente.

Le emissioni di titoli a medio-lungo termine previste dal Mef per il 2024 sono in linea con quelle dell’anno scorso e dovrebbero attestarsi fra 340 e 360 miliardi. Nel 2023 sono stati collocati titoli per circa 516 miliardi di euro, di cui circa 360 miliardi a medio-lungo termine e poco più di 156 miliardi di BoT. Un rapporto «amichevole» con il mercato è fondamentale in un periodo nel quale i tassi alti comportano un incremento degli oneri a servizio del debito da 78,4 a 89 miliardi. Dunque, nelle more di un taglio dei tassi che sembra allontanarsi in quanto i verbali dell’ultimo direttivo Bce hanno evidenziato i timori di un nuovo rialzo dell’inflazione, il rigore fa premio. E in quest’ottica un piano di privatizzazioni allo scopo di ridurre parzialmente il debito può risultare molto utile.

Ieri in Borsa l’azione Eni ha ceduto lo 0,3% a 14,61 euro. Sempre ieri l’ad Descalzi ha siglato un accordo con il presidente della kazaka KazMunayGas per un progetto di centrale ibrida gas-rinnovabili da 250 Megawatt nella città di Zhanaozen. Firmato inoltre un memorandum con il fondo Samruk-Kazyna su altri progetti nell’ambito della transizione energetica.

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