Aurelio De Laurentiis verso il rinvio a giudizio per il caso Osimhen. L’indiscrezione è stata rilanciata da “La Repubblica”. Come noto il presidente del Napoli è indagato dalla Procura di Roma per “falso in bilancio” in merito all’affare che portò l’attaccante nigeriano in azzurro dal Lille per 71,2 milioni di euro, ma valutando quattro giocatori delle giovanili per 21 milioni di euro.
I magistrati della Procura di Roma avrebbero chiuso l’indagine nei confronti del produttore cinematografico. Nel registro degli indagati risultavano oltre al presidente del Napoli anche gli altri membri del Cda del club, i figli Edoardo (vicepresidente) e Valentina De Laurentiis, la moglie Jacqueline Baudit (vicepresidente) e l’ad Andrea Chiavelli. La Procura di Napoli, aveva avviato le indaginia seguito dalla richiesta di ordine d’indagine europeo da parte della Procura Jirs (Juridiction interregionale specialisée) del Tribunale giudiziario di Lille.
La Guardia di Finanza aveva effettuato perquisizioni nel centro sportivo di Castel Volturno (quartier generale del club), a Roma (sede della Filmauro) e in Francia (in relazione al Lille, che ha venduto il calciatore, e divenuto oggetto di un filone parallelo in terra transalpina) per acquisire ulteriori indicazioni da inserire nel fascicolo degli inquirenti. Poi nella scorsa estate la stessa indagine fu spostata a Roma, sede in cui venne approvato il bilancio societario del Napoli.
Il caso Osimhen
La trattativa tra Napoli e Lille per l’acquisto di Victor Osimhen è da tempo sotto i riflettori degli inquirenti. Il centravanti nigeriano fu acquistato per 71,2 milioni di cui circa 50 cash e altri 20 attraverso la cessione del cartellino di quattro giocatori. A destare i sospetti fu proprio l’inserimento nella transazione con il Lille di quattro calciatori: Ciro Palmieri (7 milioni), Claudio Manzi (4), Orestis Karnezis (5) e Luigi Liguori (4). In particolare, fu quest’ultimo ad alzare il velo sugli aspetti più controversi della vicenda (“mai stato in Francia, nemmeno per firmare”, disse all’epoca). La valutazione dei tre ragazzi è quella su cui stanno cercando di fare chiarezza gli inquirenti, parlando di una“operazione in parte oggettivamente inesistente di 21,25 milioni di euro e plusvalenze fittizie per quasi 20 milioni”.
La vicenda era già balzata all’attenzione della giustizia sportiva che aveva assolto il presidente De Laurentiis e la società da ogni accusa, incentrata sul valore messo a bilancio del cartellino del giocatore nigeriano che secondo la Procura Figc non sarebbe corrisposto al vero. Stando a quanto emerso dal processo sportivo però fu ritenuto impossibile quantificare in maniera oggettiva, codificata in base a parametri di legge, il prezzo effettivo di un cartellino che è conseguenza di un accordo sancito tra soggetti privati e nell’ambito di una libera contrattazione di mercato. Principio sostenuto dalla tesi difensiva rivelatosi decisiva per far saltare l’intero castello accusatorio e scardinare il lavoro degli inquirenti della Figc.