Benny Hill, l’ultimo re delle comiche

Benny Hill, l'ultimo re delle comiche

Genio e sregolatezza sullo schermo o a teatro. Un’anima borghese nel privato. Una comicità dirompente e totale, capace di attraversare ogni confine. Ma una comicità che oggi violerebbe ogni regola del politicamente corretto. Una comicità che oggi compie cent’anni. Benny Hill (1924-92) nacque, con il nome di Alfred Hawthorne Hill, il 21 gennaio 1924 a Southampton, uno dei tre figli di Alfred Hill Senior (1893-1972), il titolare di un negozio di strumenti chirurgici (e preservativi), e di Helen Hill, nata Cave (1894-1976). La famiglia viveva a Bridge Road quando nacque Benny, ma si trasferì rapidamente nella più accogliente e benestante zona di Westrow Gardens. Tranquillità medio borghese? Sì ma venata di una strana follia artistica che serpeggiava tra le generazioni. Sia il padre che il nonno si erano esibiti come clown nei circhi, quindi l’intrattenimento e il lazzo comico erano, sotterraneamente, già comparsi in famiglia. Del resto l’amore per il palco e gli spettacoli faceva uscire gli Hill ogni mercoledì. Andavano al Palace Theatre di Above Bar Street.

Educato alla Shirley Primary e alla Tauntons School, si unì giovanissimo ad una orchestra locale di Southampton. Percussionista. Poi Hill entrò in un vortice di lavori fatti un po’ per fare: lattaio, responsabile del meccanismo mobile di un ponte, infine direttore di scena con una rivista itinerante. Si trasferì a Londra nel 1941, a quel punto lo spettacolo era già diventato un’idea fissa. Ma ci si mise di mezzo un signore coi baffi che di professione non faceva il comico ma il dittatore. Hill fu chiamato alle armi nel 1942 e prestò servizio nell’esercito durante la Seconda guerra mondiale. Anche in questo caso finì per rivelare doti da attore generalista: autista di camion, meccanico e operatore di proiettori. Era in Normandia pochi mesi dopo il D-Day.

Alfred al ritorno dal fronte, era ormai deciso a far ridere. Adottò il soprannome di Benny in omaggio a Jack Benny, il suo comico preferito. Il debutto radiofonico nel 1947: un periodo in cui la radio era il cuore, tutto sonoro, dell’intrattenimento domestico. Emersero subito le sue doti naturali per i timbri e i tempi comici. All’arrivo della televisione gli si aggiunse la sua mimica estrema, che gli consentì di bucare lo schermo, prima con gli spettacoli di rivista Here’s Mud in Your Eye, poi con Hi There! (1949). Era già sulla rampa di lancio per diventare la prima star della commedia britannica resa famosa dalla televisione. Ma incappò nel classico incidente di carriera. Nell’aprile del 1951 Hill giocò le sue carte con Sky High, una rivista teatrale itinerante. Non funzionava per niente.

Ma si sa che chi ha la pedalata lunga non molla in salita, arriviamo al 1955: arriva il Benny Hill Show. Questo spettacolo ai lettori non c’è nemmeno bisogno di raccontarlo, almeno un frammento l’abbiamo visto tutti. Una comicità fisica, diretta, giocata sulla smania di cibo, sul sesso, sul non sense, sul grottesco, sull’inestetico eretto a sistema. Una Satura lanx mai amata dalla critica, ma capace di far smascellare lo spettatore, a qualunque latitudine e longitudine. Guardata oggi mentre anneghiamo nel sempre più politicamente corretto, è come fare un viaggio nel tempo, ogni gag segna il ritorno a un’epoca geologica diversa, molto più irriverentemente tellurica, in cui tutto era permesso e bastava far ridere. Era lo slapstick del cinema muto potenziato da un po’ di burlesque osé, dal mimo, dal doppio senso di cui Hill era maestro. Mille risate per ogni sterlina di investimento. Persino gli intelligenti a prescindere: prima storcevano il naso e poi… Lo spettacolo continuò fino al maggio 1989 e fu trasmesso in circa 140 Paesi. E i record non si contano: è stato tra i programmi televisivi più visti della storia della Gran Bretagna con oltre 21 milioni di spettatori nel 1971. Nello stesso anno la canzone umoristica Ernie (The Fastest Milkman in the West) conquistò il primo posto nella Uk Singles Chart a Natale. Sì perché Hill non scherzava nemmeno come cantante burlone: ci sono state anche altre presenze nella Top 20, ed è apparso in un video musicale dei Genesis nel 1986.

Ogni volta che poteva poi si concedeva un cameo filmico: spiccano Chitty Chitty Bang Bang (1968) e The Italian Job (1969). Ma c’era anche un altro Benny. Sebbene fosse ormai famoso e ricco, visse sempre una vita modesta e ritirata, in un piccolo appartamento a Londra e nella casa di famiglia che si trovava a Southampton. Lo si vedeva spesso in giro a fare cose normali: fare la spesa, prendere un taxi, farsi risuolare le scarpe. Spente le luci degli studios sembrava preferire sempre l’ordinario. Con qualche punta di taccagneria: non comprò mai un auto (pur avendo la patente) e si rifiutò di riparare un tetto che perdeva perché sarebbe costato troppo. Non si sposò mai, tanto che il gossip ci mise poco ad identificare la timidezza con l’omosessualità o l’impotenza o la perversione. Lui ci giocava, come quasi su tutto, quando le luci della ribalta erano accese. Quando erano spente si concedeva il suo solo lusso: viaggiare. Soprattutto in Francia, dove non lo riconoscevano troppo. Ecco un’altra epoca, dove si poteva essere famosi davvero senza essere social. Voler avere un privato, lo difese strenuamente.

Benny Hill è morto il 20 aprile 1992 a Teddington, all’età di 68 anni, funestato da problemi cardiaci, messo ai margini dalla nuova tv e con un patrimonio di 10 milioni di sterline. Fu sepolto nella sua città natale, nel cimitero di Hollybrook. Sulla tomba si legge: «Benny Hill di Southampton comico, figlio, fratello, amico, il nostro ragazzo eterno, Dio lo benedica». Del mondo dello spettacolo fu innamorato sino alla fine ma senza smancerie: «Cos’è lo show business? Sincera insincerità». Quanto al suo ruolo in quel business lo ha ben riassunto un produttore: «Immagino che ci sia solo un Benny Hill».

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