Otto mesi dopo, Giorgia Meloni e Ursula von der Leyen tornano insieme sui luoghi dell’alluvione che lo scorso marzo ha funestato l’Emilia-Romagna. Prima a Bologna e poi a Forlì, dove la premier e la presidente della Commissione Ue si intrattengono per circa un’ora in un bilaterale dedicato non solo ai fondi per la ricostruzione ma anche ai prossimi punti dell’agenda europea in vista del Consiglio Ue in programma a Bruxelles il primo febbraio (la revisione del bilancio pluriennale, il sostegno all’Ucraina e il capitolo migranti). Poi, le dichiarazioni alla stampa nel municipio di Forlì, a certificare se mai ce ne fosse stato bisogno quanto sia solido il rapporto tra le due. Apre Meloni. Che inizia chiamando l’applauso «per Ursula» dei sindaci e degli amministratori locali presenti. E chiude ringraziando «la presidente della Commissione Ue» (usando il femminile, proprio lei che ha chiesto agli uffici di Palazzo Chigi di essere chiamata «il presidente del Consiglio» anche negli atti ufficiali). Poi la palla passa a von der Leyen. Ringrazia anche lei, sia Meloni che il ministro per gli Affari europei, Raffaele Fitto, che siede in prima fila. Si complimenta con l’Italia che, dice, «è assolutamente in linea con la tabella di marcia del Pnrr» visto che «metà dei fondi è stata già erogata» e «questa è una bellissima notizia». Non è una sviolinata ma poco ci manca.
Abbracci e sorrisi. Giorgia e Ursula che si chiamano per nome. La sponda sul dossier immigrazione e il plauso per come è stato gestito il Recovery plan. Con tanto di siparietto sulla piadina romagnola. Von der Leyen dice che le fu offerta dai volontari in mezzo al fango: «Ne ricordo ancora l’odore». «Suona come una richiesta», la interrompe Meloni ridendo e guardando il sindaco di Forlì, Gianluca Zattini.
L’asse della piadina, insomma. Che dall’Emilia-Romagna porta diretto a Bruxelles. Con un ribaltamento a 360 gradi di tutti i luoghi comuni. Non c’è solo l’Europa – e una tedesca per giunta – che elogia il lavoro e il tempismo italiano sul Pnrr, ma pure la leader di Fdi che ringrazia l’Ue per l’impegno sui migranti. È un’intesa solo un anno fa impensabile. Che è sì personale, ma che come vogliono le regole della politica affonda anche in un reciproco interesse. Quello di Meloni è il sostegno dell’Europa su due dossier chiave con cui è alle prese dal giorno dopo che è entrata a Palazzo Chigi (immigrazione e Pnrr), quello di von der Leyen è invece una sponda forte dopo le Europee di giugno, quando prima il Consiglio e poi il Parlamento Ue dovranno indicare il nuovo presidente della Commissione. O, come auspica la diretta interessata, confermare il vecchio.
Insomma, gli ingredienti per un’intesa solida tra le due ci sono tutti, per giunta ben conditi dal fatto che von der Leyen esponente del Ppe – in questi anni è andata sposando un approccio sempre più conservatore. Anche per questo, forse, la presidente della Commissione Ue non è propriamente in sintonia con Emmanuel Macron, circostanza che ovviamente non turba affatto Meloni (la sua recente apertura su Marine Le Pen pare non sia stata accolta con molto entusiasmo all’Eliseo).
D’altra parte, la visita di ieri a Bologna e Forlì è solo l’ultimo pezzo di un puzzle che von der Leyen sta componendo con cura in vista di una riconferma a Palazzo Berlaymont. E arriva dopo il giro in elicottero sui luoghi dell’alluvione insieme a Meloni lo scorso maggio, cui ha fatto seguito la visita a Lampedusa a settembre. Una scelta politicamente importante, perché formalizzava l’impegno delle istituzioni comunitarie a fianco dell’Italia sul fronte dell’immigrazione. Che Meloni le ha riconosciuto anche ieri, perché «sui migranti serve un approccio nuovo, non predatorio e concentrato sulla dimensione esterna» che «Ursula ha capito molto prima di altri».