È un addio, per ora. Il vecchio «Old» sabato chiude. La musica è finita. Gli amici se ne vanno. E almeno per il momento non ci sono all’orizzonte indirizzi alternativi. Riaprirà? Dove? Di questo Roberto Cominardi e il fratello Paolo, storici titolari del locale che si affaccia sul parco Sempione all’interno del Palazzo dell’Arte, cominceranno a pensarci dopo il 31 gennaio, quando consegneranno le chiavi alla Triennale. L’obiettivo non è ripartire comunque e a qualunque costo. «Ci prenderemo un periodo di tempo. Preferisco che rimanga un bel ricordo piuttosto che diventi un’amara delusione. C’è anche una questione di rispetto per il nome…» Già. Il nome. Che sta tutto in un bicchiere, «anche se ormai se n’è persa la memoria» racconta Roberto Cominardi. Erano gli anni ’70, tutti bevevano whisky e faceva figo chiamare i locali «whisky» e qualcosa. I vecchi titolari decisero di dargli il nome del bicchiere nel quale viene servito il liquore, detto appunto «Old Fashioned glass». Sono esattamente 52 anni che l’Old è Fashion. «Certo siete stati geniali a scegliere questo nome mi dice ancora oggi qualche vecchio cliente pensando che sia legato a un certo vecchio stile». Invece l’«Old» è solo il nome di un bicchiere. E dentro ci sono finiti tutti, tutti quelli che il system piazza tra le star. L’elenco è limitativo e assolutamente misero ma tanto per dare un’idea qui qualcuno in qualche tempo ha potuto incontrare Clooney e Withney Houston, Madonna e Justin Bieber, Ronaldo, Naomi Campbell, Leonardo Di Caprio, Paris Hilton, Dj-Ax, Jean-Claude Van Damme, Lucio Dalla, Jamie Foxx, Marilyn Manson, eppoi la lunga scia di veline, calciatori, intere squadre di basket, per finire con gli influencer e i tiktoker d’ultima generazione. Qui dentro il 23 giugno 1968 4mila persone in delirio cercavano di entrare per assistere al concerto di Jimi Hendrix. Nel 1995, l’«Old» (perchè a Milano poi lo chiamano tutti così) Marcello Mastroianni in diretta dell’allora notissimo programma televisivo «Nonsolomoda», presenta l’esposizione temporanea dentro la discoteca con le opere scultoree di suo zio Umberto Mastroianni. Altri mondi, altre epoche. Per tre giorni ospita la Coppa Davis, una straordinaria sofferenza perché «nessuno la può toccare, ma la foto l’abbiamo fatta», ricorda Cominardi. Per lui, l’Old è la vita. Ogni sera dal ’92 ha passato le notti negli uffici davanti alle telecamere e collegato via radio ai suoi ragazzi del bar, della sicurezza, persino a quelli che controllano i bagni («fondamentali…») e il fratello sulla porta. Lì dentro ha conosciuto sua moglie… Lui come tanti altri, durante le celeberrime serate degli universitari, per anni, una cadenza fissa il mercoledì sera. Sempre aperti. Inverno e estate. Il lunedì quando tutti gli altri locali a Milano sono chiusi. «Ci davano dei pazzi quando nel ’92 decidemmo di rischiare». Paolo e Roberto hanno una ventina di anni. «Ci propongono questo spazio che era già stato rifiutato da 8 gestori. Il Palazzo era praticamente abbandonato, il parco non era recintato ed era territorio di nessuno, in via Camoens c’era solo chi si trastullava con i trans, insomma era un ambientaccio, la fossa dei serpenti sotto il cavalcavia Marie Curie era un luogo di ritrovo per personaggi di dubbia moralità». Loro ci credono e s’inventano il ristorante dove poi si balla. Quello che oggi fanno tutti. Anche se il ballo era nel dna dell’Old fin dall’inizio, fin da quando nel 1933 Giovanni Muzio, l’architetto del Futurismo, concepisce e realizza il Palazzo dell’Arte. All’epoca si faceva in fretta, in soli due anni è bello e pronto grazie anche all’estro di Sironi che gli disegna i 6 archi contrapposti (poi smantellati) al Triportico affacciato sul parco. Accanto alla Triennale, pensa già a sistemare un ristorante con la sala da concerti e sulla terrazza la sala danzante. Durante la guerra poi in ballo c’è tutt’altro. Nel 1943, durante l’occupazione tedesca, il ristorante del palazzo diventa il circolo ricreativo per gli alti ufficiali tedeschi e la terrazza definitivamente chiusa (ci piazzano una batteria di contraerea). Il locale acquisisce il teutonico nome di Ballhaus (sala da danza in tedesco). Ma poi. Poi ci sono gli anni ’50 e prima di essere «Old» è «Trianon» all’insegna del rock n roll, e poi il mitico «Piper». Il resto è storia. Tutta bella. Qualche volta parecchio brutta. Come quando il figlio di Simona Ventura viene aggredito. «Ci tirarono dentro anche se era successo mezz’ora dopo la chiusura del locale e neanche qui davanti. Tant’è vero che dalla Procura non ci hanno fatto neanche mezza telefonata, mai». Eppure vengono travolti dall’onda mediatica. Nel 2019 la Triennale disdice il contratto. «Quello che vorrei che restasse dell’Old? Che fosse ricordato come il luogo dove tanti hanno festeggiato laurea, il compleanno, dove hanno incontrato la moglie o il marito. Sa quanti mi dicono se non ci fosse stato l’Old…».