Riserva una sorpresa con molteplici sfaccettature la lettura della corrispondenza d’amore tra due grandi artisti. Lei è il Premio Nobel per la Letteratura: Wislawa Szymborska (1923-2012), lui lo scrittore Kornel Filipowicz (1913-1990). Nell’epoca delle email, sms, WhatsApp, leggere vere lettere è un reperto di modernariato. È appassionante questa fitta corrispondenza tra due persone mature: all’inizio lei ha da poco superato i 40 anni e lui i 50. Oggi lei viene considerata la principale poetessa polacca, entrata nel canone della letteratura mitteleuropea, con la Bachmann, della quale era quasi coetanea. Tutte le sue poesie, La gioia di scrivere, sono state pubblicate da Adelphi a cura di Pietro Marchesani.
Accanto allo stupendo tappeto magico della sua lirica occorre aggiungere questo meraviglioso epistolario, sobrio e magnifico, nell’epoca del disincanto delle email: W. Szymborska e K. Filipowicz, Meglio di tutti al mondo sta il tuo gatto. Lettere 1966 1985, tradotto e curato da Giulia Olga Fasoli (Elliot, pagg. 450, euro 25). Nulla è ormai più inattuale della lettera (con i francobolli) e per giunta d’amore, eppure ci affascinano le voci di questi due intellettuali che risuonano in un Paese stremato dalla guerra, oppresso dalla dittatura stalinista, travolto da ricorrenti repressioni. Anche durante il disgelo dopo la morte di Stalin si verificavano tremende nuove gelate e i nostri amanti si barcamenavano come potevano.
Wislawa era nata in una famiglia della borghesia colta, il padre era un amministratore di beni aristocratici prima vicino a Poznan poi a Cracovia che divenne la sua città d’elezione. Wislawa attraversò abbastanza indenne la guerra, studiando clandestinamente durante l’occupazione tedesca. Dal ’45 per anni (troppi, come lei stessa riconobbe) aderì per amore e per forza al partito comunista, scrivendo due raccolte che ebbe la saggezza di ripudiare. Intanto si formava nei circoli dell’avanguardia e del dissenso, aprendosi culturalmente alle grandi correnti della cultura europea, leggendo Montaigne, Swift, Mann, ammirando Vermeer e Fellini, traducendo raffinati poeti del barocco, nonché Goethe e Baudelaire. Si era avvicinata a Czeslaw Milosz (Nobel nel 1980), dal quale fu profondamente influenzata e che divenne il suo modello. Intanto si formava il suo linguaggio poetico che partiva dal quotidiano, da una osservazione della realtà per scoprirne l’incanto. Le sue liriche, come le sue lettere sorgono dalla contemplazione dei miracoli giornalieri. Sapeva cogliere, in una miriade di variazioni, l’esperienza poetica della realtà. La sua lirica è attraversare la normalità con meraviglia, con stupore, per scoprire nella superficie la profondità, nel banale la soglia del mistero. La leggerezza illuministica e luminosa dei suoi versi è così affascinante da valerle l’appellativo di «Mozart della poesia», confermato dall’eleganza delle lettere.
Questo epistolario, cominciato timidamente nel 1966, intensificatosi nei periodi di separazione forzata per i lunghi soggiorni della poetessa in un sanatorio in montagna sui Monti Tatra, è un’occasione unica di lettura, leggera e profonda. La corrispondenza diventa la poetica di una grande poetessa, nonché un capolavoro d’ironia e di ingenuità, con tanti disegni, collage e improvvise dichiarazioni d’amore. All’amico, che pure viveva a Cracovia, scrive il 5 ottobre 1968: «LE TUE LETTERE E TUTTO QUELLO CHE VIENE DA TE È IRRADIATO DI LUCE E IO LO RICEVO COME UN SEGNO DI FIDUCIA E DI SPERANZA, E MI SEMBRA SEMPRE CHE TU SIA QUI VICINO, AMORE MIO. (tutto maiuscolo con cuoricini ritagliati da carta dorata, ndr). Kornel amato! Chi sta meglio di tutti al mondo è il tuo gatto, perché sta con te».
Due anni dopo conferma il suo sentimento: «Kornel! Amore Non riesco a dirti per telefono quanto mi sento triste e vuota senza te». E questo grande amore si solleva nella levità dell’ironia diventando una sorta di teatro con varie maschere inventate: una immaginaria contessa Heloiza di Lanckorona e il suo plenipotenziario Eustachy Pobóg-Tulczynski, e non sempre personaggi altolocati perché ci sono anche la domestica Rózie e il caporale Józio o la terribile Signora Giénie, concorrente in amore della Contessa. Ovviamente gli umili scrivono lettere sgrammaticate mentre l’aristocratica Heloiza si avvale di un ricercato stile antiquato, ma ci sono talora anche gatti e animali vari che entrano nel carteggio con scritti e soprattutto con disegni bizzarri (la traduttrice fa miracoli). L’ironia, sottilmente erotica, la fa da padrona per coprire soavemente l’intensità del sentimento di due intellettuali riservati e forse sorpresi essi stessi da questa tardiva passione: «Ti penso sempre e Ti amo costantemente (con solo una pausa pranzo)». Wislawa si reca ogni giorno alla cassa del risparmio: «e deposito tutto quello che penso di te».
Lui più sobriamente le comunica: «Mi sono abituato alla tua presenza verificabile nella mia vita». E l’ironia li salva dal grigiore socialista dell’atmosfera burocratica che si estende fin nella quotidianità, con continue difficoltà, con una prassi volutamente estenuante di formulari e attese senza fine. Oggi leggere quello sfinimento per ottenere una linea telefonica pare incomprensibile, sicché il carteggio assume un valore storico aggiunto, specialmente nell’illustrare l’asprezza della vita dopo la promulgazione della legge marziale nel dicembre 1981. Allora l’arguzia, l’ironia e il silenzio aiutavano a sopravvivere, ma anche a impegnarsi clandestinamente con Solidarnosc per essere liberi, benché la vigilanza fosse ovunque, contribuendo alla genesi di quelle sottili miniature liriche, come conferma una delle sue poesie più popolari, Il gatto in un appartamento vuoto che qui pubblichiamo, scritta alla morte dell’amico. Anche qui Wislawa si avvicina a quel laico minimalismo intellettuale che il suo amico aveva praticato nei suoi racconti e lei nelle poesie, uniti entrambi dall’amore, elegante e riservato. Wislawa si scrisse l’epitaffio: «Qui giace come virgola antiquata/ l’autrice di qualche poesia. La terra l’ha degnata/ dell’eterno riposo». Per noi continua a vivere.