L’Ucraina è il presente, i Paesi Baltici il futuro, ma non è una partita a Risiko. Putin starebbe infatti ponendo condizioni per una destabilizzazione dei Paesi Baltici con l’obiettivo di indebolire la Nato, senza perdere di vista la possibilità di un’invasione vera e propria. A delineare il caso è l’Institute for the Study of War (Isw), che nei giorni scorsi aveva già prospettato una nuova offensiva russa in Ucraina nelle prossime settimane. Lo zar di Mosca accusa i Paesi Baltici di voler espellere i cittadini di etnia russa e parla di «deportazioni illegali». «Gli eventi attuali nei baltici, inclusa l’espulsione di russi dalla Lettonia, incidono sulla sicurezza del nostro Paese», ha commentato in un incontro con i rappresentanti dei comuni russi. Le autorità lettoni hanno inviato più volte lettere minacciando di espellere 985 russi che non avevano soddisfatto i requisiti per ottenere il permesso di soggiorno, mentre l’Estonia sta meditando di cambiare la carta costituzionale per revocare il diritto di voto ai cittadini di Mosca e Minsk, soprattutto dopo che Lukashenko ha parlato di armi nucleari nella nuova dottrina militare.
La mossa di Putin e le indiscrezioni di Isw hanno portato la stampa di Mosca a dare grande risalto alla notizia pubblicata dalla piattaforma Global Firepower (che fornisce una visuale aggiornata di dati relativi alle 145 potenze militari), secondo la quale la Russia ha conquistato il secondo posto nella classifica degli eserciti più forti al mondo dopo gli Usa. A sua volta, John Mearsheimer, politologo dell’Università di Chicago, ha osservato che l’esercito russo è diventato ancora più potente dall’inizio dell’operazione speciale. Il quotidiano Ria Novosti va a nozze, ribadendo in un corsivo in prima pagina che «non conviene a nessuno continuare a bistrattarci». Tuttavia Skibitskyi, voce degli 007 militari di Kiev, ritiene che la Russia dovrà aspettare almeno 10 anni per rimettere in carreggiata l’esercito. «Già ora va avanti con l’aiuto di Cina, Iran e Nord Corea».
Il conflitto sul campo è in fase di stallo, anche se 60 mercenari, di cui molti francesi, sarebbero stati uccisi in un bombardamento a Kharkiv, e il braccio di ferro si sposta sul piano verbale. Per la Nato «l’esito della guerra determinerà il destino del mondo». Dal forum di Davos il segretario di Stato Usa Blinken non vede vicino un cessate il fuoco, e il ministro degli Esteri di Kiev Kuleba rileva che «la priorità del 2024 è mandare via la Russia dai nostri cieli. Questo definirà quando e come la guerra finirà». Dopo il Regno Unito, che assicura un aumento delle forniture di armi nel 2024 per un controvalore di circa 3,5 miliardi di euro, gli altri Paesi del G7 (compresa l’Italia) si preparano ad organizzare incontri bilaterali con Kiev (snobbata a Davos da Pechino) per generare una cooperazione estesa a intelligence, sanità e progetti industriali nella difesa. Purtroppo ieri il Bundestag ha bocciato la fornitura di missili Taurus, e Zelensky lamenta che «il mondo non ha una produzione sufficiente per soddisfare il nostro fabbisogno di proiettili e armi». Sulla sponda russa Lavrov ha ribadito una maggior collaborazione militare con la Corea del Nord, accusando l’Occidente di «ucrainizzare l’agenda globale».