Nuova lite Bibi-Gantz. Hamas: no ai due Stati. Altri attacchi dall’Iran

"Legami sospetti con gli attacchi del 7 ottobre": il dossier che incastra l'Onu

Oltre che sul fronte militare anche su quello ideologico i toni si scaldano sempre di più tra Stato ebraico e palestinesi. Hamas ha fatto sapere con fermezza che rifiuta «la soluzione dei due stati». È stato il leader dell’organizzazione all’estero Khaled Meshal a confermarlo. Soprattutto dopo il 7 ottobre «la stragrande maggioranza del popolo palestinese» ha rinnovato il sogno e la speranza di «una Palestina dal mare al fiume, dal nord al sud». Meshal ha poi respinto «i confini del ’67» che, ha sottolineato, «praticamente sono un quinto della Palestina» e «non possono essere accettati».

È una chiusura totale a un possibile compromesso con Israele, mentre la scia di sangue e terrore non si placa a Gaza. Martedì notte 13 persone sono rimaste uccise e diverse altre ferite in bombardamenti aerei e d’artiglieria effettuati sulla città di Khan Yunis, nel sud della Striscia. I raid hanno colpito edifici residenziali nei quartieri Al-Nasmawi, Batn Al-Sameen e New Abasan, e le vicinanze degli ospedali Nasser e Al-Amal. Poco prima il ministero della salute palestinese gestito da Hamas aveva comunicato un bilancio di 158 morti nelle ultime 24 ore a Gaza. E come se non bastasse anche il virus dell’epatite di tipo A si sta diffondendo nei campi degli sfollati per il sovraffollamento e la mancanza di igiene.

Ma ci sono dissapori anche sul fronte interno in Israele. Il premier Benjamin Netanyahu infatti – dopo le polemiche sulle ispezioni ai farmaci in arrivo a Gaza dal Qatar, sia per gli ostaggi israeliani sia per la popolazione, con il leader centrista Benny Gantz (che fa parte del gabinetto di guerra) – ha infine ordinato all’esercito di effettuare tali controlli.

L’esercito israeliano ha annunciato la morte di altri due riservisti a Gaza: Zechariah Pesach Haber (32 anni) e Yair Katz (34). Il bilancio dei soldati uccisi sale così a 192. E s’infiamma anche l’altro fronte, la Cisgiordania. Militari e Shin Bet (Sicurezza interna) hanno confermato di aver condotto un attacco con i droni uccidendo a bordo di un’auto nel campo profughi di Balata, a Nablus, tre uomini, tra cui Abdallah Abu Shalal ritenuto capo di una cellula che si apprestava a compiere un attentato in Israele. Secondo le stesse fonti, Abu Shalal era responsabile di diversi recenti attacchi finanziati e assistiti dall’Iran e da altri gruppi terroristici di Gaza.

Non finisce qui. Pure lo scacchiere regionale subisce una nuova fiammata. Il Pakistan ha richiamato il suo ambasciatore a Teheran dopo aver accusato l’Iran di aver effettuato attacchi aerei «illegali» sul suo territorio, uccidendo due bambini e ferendone altri tre. Teheran, però, attraverso il ministro degli esteri Hossein Amir-Abdollahian, ha precisato di aver preso di mira un «gruppo terroristico iraniano, Jaish al-Adl, ma nessun civile del Pakistan». Abdollahian ha aggiunto che dal territorio pachistano, Jaish al-Adl «ha condotto numerose azioni in Iran, in particolare quella nel commissariato di Rask», nel quale, lo scorso dicembre, morirono 11 guardie di frontiera.

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