A Strasburgo, dopo le vacanze natalizie, torna a riunirsi in seduta plenaria l’europarlamento. Per l’occasione, era molto atteso il discorso del presidente della Commissione europea, Ursula Von Der Leyen. Due i punti salienti toccati: la riforma dei trattati e il rispetto dello stato di diritto. Su quest’ultimo aspetto, il capo dell’esecutivo comunitario ha lanciato importanti moniti all’Ungheria. Il governo di Budapest, il quale da luglio guiderà il semestre di presidenza Ue, è in questa fase osservato speciale. “Abbiamo congelato – ha infatti annunciato Von Der Leyen – venti miliardi di Euro all’Ungheria, senza il rispetto delle condizioni i soldi non verranno sbloccati”.
Von Der Leyen bacchetta l’Ungheria
Le somme destinate a Budapest riguardano diversi progetti e investimenti precedentemente concordati. Al momento i soldi non verranno indirizzati per altro uso, saranno semplicemente accantonati in attesa di valutare le prossime mosse del governo ungherese guidato da Viktor Orban. “Sui fondi all’Ungheria e lo stato di diritto – ha sottolineato Von Der Leyen – abbiamo utilizzato tutti gli strumenti a nostra disposizione per proteggere i nostri valori e gli interessi finanziari dell’Ue. Il nostro obiettivo è sempre stato quello di spingere per le riforme negli Stati membri, che possono migliorare la vita di ogni europeo”.
Secondo la presidente della commissione, alcuni passi avanti in Ungheria sono stati compiuti. “Lo scorso maggio – ha dichiarato Von Der Leyen nel suo discorso al parlamento – l’Ungheria ha approvato una nuova legge sulla riforma della giustizia che risponde ad alcune delle nostre raccomandazioni contenute nel Rapporto 2022. Si tratta di una legge che rafforza l’indipendenza giudiziaria e limita la possibilità di interferenze politiche sul sistema giudiziario. Ciò era necessario affinché l’Ungheria potesse soddisfare le condizioni per l’ottenimento dei fondi di coesione. Questo è ciò che abbiamo chiesto e l’Ungheria lo ha fatto”.
I nodi sono su altri fronti. Bruxelles, in particolare, ha chiesto altri sforzi e altre riforme sul diritto di asilo. Quello di Orban è infatti uno dei governi che più si caratterizza in Europa non solo per il pugno duro sull’immigrazione con lo schieramento di numerose forze ai confini, ma anche per una legislazione che rende molto difficile la presentazione e l’accoglimento delle domande di asilo. “Venti miliardi di Euro – ha chiarito Von Der Leyen – sono sospesi per motivi che includono preoccupazioni sui diritti Lgtbiq, sulla libertà accademica e sul diritto di asilo”.
“Nel frattempo – ha concluso il capo dell’esecutivo Ue – anche l’Ungheria ha ricevuto un prefinanziamento nell’ambito di RePowerEu. Come qualsiasi altro Stato membro. Questo prefinanziamento non è soggetto ad alcuna condizione. Queste sono le regole che abbiamo tutti concordato. E le seguiremo. È questo che distingue lo Stato di diritto dal potere arbitrario”. Una frase quest’ultima che sa di stoccata diretta a Orban, accusato più volte di voler attuare in Ungheria un potere molto accentrato e diretto unicamente dal suo partito.
La posizione politica di Budapest
Il premier ungherese al momento non ha risposto. Ma in molti, tra i corridoi della diplomazia Ue, sono convinti che lo farà a breve. E riprenderà le accuse mosse già in passato contro Bruxelles. Accuse che riguardano il presunto ricatto della commissione a Budapest per via delle posizioni politiche prese dal suo governo.
L’esecutivo di Orban è rimasto l’unico in Europa, dopo la caduta del governo polacco di Morawiecki, a minacciare il veto sull‘immigrazione. Così come, è l’unico a mettere in discussione gli aiuti europei all’Ucraina e la strategia delle sanzioni alla Russia. Posizioni che, secondo Orban, costituiscono il vero movente delle diatribe con le istituzioni comunitarie. In molti in queste ore, in Ungheria così come in altri Paesi Ue, fanno notare che nel suo discorso Ursula Von Der Leyen non ha citato la Polonia. Altro Paese più volte richiamato per i timori sullo stato di diritto. Varsavia però, con l’avvento del governo Tusk, potrebbe essere uscita dalla presunta “blacklist” di Bruxelles.