Se vale la massima di Sun Tzu , «Tieniti stretti gli amici e ancora più stretti i nemici», allora Joe Biden, al pari di Donald Trump, esce rafforzato dai caucus dell’Iowa. Il presidente Usa non ha perso tempo lunedì notte nell’incoronare il tycoon come il «chiaro frontrunner repubblicano». In un post su X pubblicato a spoglio ancora in corso, Biden si è affrettato a riconoscere Trump come il suo nemico preferito, ribadendo agli americani quale sia, dal suo punto di vista, la posta in gioco nel voto presidenziale: «Queste elezioni sono sempre state io e voi contro i repubblicani Maga estremi. Era vero ieri e sarà vero domani», ha scritto, invitando i suoi sostenitori a cliccare sul link delle donazioni. Nelle ultime settimane, Biden nei suoi eventi elettorali ha alternato interventi nei quali ha esaltato i risultati della sua Bidenomics – che però stenta a conquistare i cuori e i portafogli degli americani – a interventi nei quali ha rilanciato l’allarme per il rischio che Trump rappresenterebbe per la democrazia Usa. Argomento che certo non fa presa sulla base repubblicana – due terzi dei partecipanti ai caucus, secondo un sondaggio Cnn, ritengono illegittima la sua vittoria nel 2020 – ma che in caso di re-match col tycoon può ancora mobilitare l’elettorato democratico e, in percentuale decisiva, quello indipendente. Un altro sondaggio, diffuso mentre sotto la neve e il gelo dell’Iowa Trump si apprestava ad essere incoronato con un margine «storico», è esemplificativo dell’attuale strategia di Biden. Secondo la rilevazione di Cbs News/YouGov, il presidente democratico a novembre verrebbe sconfitto da tutti i tre principali candidati repubblicani: Donald Trump, Nikki Haley e Ron DeSantis. Il margine più risicato, però, sarebbe proprio quello di Trump (50-48), rispetto a Haley (53-45) e DeSantis (51-48). Due punti, con ancora tanta strada da fare prima del voto di novembre, possono essere recuperati. Soprattutto se Biden, al di là dell’handicap dell’età sul quale non può fare nulla, saprà imprimere una svolta rigorista alla disastrosa situazione al confine col Messico (solamente a dicembre la polizia di frontiera ha fermato 225mila immigrati illegali). E se le centinaia di miliardi di dollari di spese, investimenti e sgravi per le aziende varati nei primi due anni di Amministrazione raggiungeranno la definitiva «messa a terra» nei prossimi mesi. Biden può contare anche su un altro fattore: i soldi. Le casse della sua campagna sono piene, con un totale di 117 milioni di dollari, di cui 97 milioni raccolti negli ultimi tre mesi. Risorse che continueranno a crescere nei prossimi mesi e che non dovranno essere sprecate nel corso delle primarie, poco più che una formalità, laddove sul fronte repubblicano, solo per la battaglia dell’Iowa, sono stati già spesi 123 milioni di dollari per gli spot televisivi. Quanto ai guai giudiziari del figlio Hunter, che lo hanno trascinato in una discutibile quanto inutile indagine di impeachment al Congresso, Biden può sempre contrapporli al record giudiziario di Trump, che rischia una condanna prima di fare eventualmente ritorno alla Casa Bianca. Il presidente continuerà quindi a fare il tifo per il tycoon, nella speranza che la paura del «flagello» Trump faccia dimenticare alla maggioranza degli elettori, anche ai progressisti che lo stanno abbandonando per l’appoggio a Israele, gli inciampi della sua Presidenza. «Lo abbiamo battuto prima e lo batteremo di nuovo», ha detto la vicepresidente Kamala Harris anticipando il rematch.