De Rossi, la bandiera e il precedente di Conte

De Rossi raccoglie la pesante eredità di Mou: "Trattatemi da tecnico, non più da bandiera"

«Mi piacerebbe un giorno allenare la Roma, senza fretta ma dopo un percorso di crescita». Così De Rossi in piena pandemia e a pochi mesi dal suo ritiro con la prospettiva di sedersi in panchina. Il giorno è arrivato, tra l’altro il più turbolento della recente storia della Roma: l’ex Capitan Futuro ha firmato il contratto più importante della sua nuova vita calcistica. Dopo i feedback positivi ricevuti dai Friedkin intorno al suo nome, l’inevitabile accoglienza calorosa per i suoi capitoli di romanismo. «Sappiamo come la leadership e l’ambizione che lo hanno da sempre contraddistinto possano risultare determinanti nella rincorsa agli obiettivi che la squadra ha davanti a sé fino al termine della stagione», l’investitura dei dirigenti Usa dopo il coup de theatre in perfetto stile hollywoodiano.

Rompere all’improvviso il rapporto con lo Special One non poteva dunque che portare a questa scelta. Il portoghese riempie lo stadio Olimpico da due anni e ha raccolto più applausi che critiche (almeno fino alle ultime settimane). Applausi che, in nome della sua romanità e attaccamento ai colori giallorossi, i tifosi riserveranno a Daniele, una delle ultime bandiere di un club. Con un altro nome dopo Mou, la contestazione dei tifosi poteva essere dura.

L’inizio dell’avventura di DDR sulla panchina romanista richiama – con i dovuti paragoni – quella di Conte alla Juve nel 2011. Il tecnico pugliese aveva però già qualche esperienza in A, Daniele vanta quattro mesi non fortunati con la Spal in B dopo l’esperienza con Mancini nella Nazionale arrivata sul tetto d’Europa. «Un’emozione indescrivibile, tutti sanno cosa sia la Roma per me, ma il lavoro che ci attende ha già preso il sopravvento. Non abbiamo tempo, né scelta: essere competitivi, lottare per i nostri obiettivi e provare a raggiungerli sono le uniche priorità, darò tutto», le parole di De Rossi, 18 anni, 616 gare e 63 reti con i giallorossi, dopo la firma. Era già stato messo in preallarme da lunedì sera al termine del vertice in call tra i Friedkin e la Ceo Souloukou. E alle 17 di ieri, dopo un discorso alla squadra nel quale c’è stato il richiamo al valore di attaccamento alla maglia, il primo allenamento durato un’ora e mezza. In campo un numero 16, quel Paredes che chiese a Daniele di poterlo ereditare. Ritmi già serrati (ha dormito nel centro sportivo): sabato la gara col Verona e i nuovi possibili acquirenti del club veneto lo avevano individuato come il futuro tecnico.

Ma la storia è andata diversamente: DDR ha accettato sin da subito la proposta della Roma di «traghettatore» fino a giugno (ingaggio totale di circa un milione). Nessuna questione di soldi o di durata del contratto, nessuna richiesta di opzione di rinnovo, ma solo quella di un significativo bonus in caso di piazzamento in Champions. Nello staff i fidi Mancini e Giacomazzi, Brignardello preparatore atletico, Farelli dei portieri, Checcucci match analyst. Non Pinzi, che si è tirato fuori per il suo passato laziale. Venerdì la presentazione, poi il primo verdetto del campo…

Leave a comment

Your email address will not be published.