Mettiamo insieme un bel po’ di coraggio, un’altra dose d’amore, poi un bagaglio di sogni, speranze e di sana incoscienza. Tutto questo ha permesso a Bertha Benz di divenire la prima persona a compiere un lungo viaggio a bordo di un’automobile, rigorosamente al posto di comando. Per anni le donne sono state bersaglio di ilarità per le proprie doti al volante, ma la storia ci insegna che la firma sul primo itinerario compiuto su una carrozza a motore è stato di una grande esponente del gentil sesso. Ed è grazie a lei che l’invenzione di suo marito Karl Benz, l’automobile, ha ottenuto quella spinta decisiva per prendere piede ed effettuare una rivoluzione in piena regola, cambiando la società e la storia del Novecento.
Fiducia nella visione del marito
Bertha Ringer nasce il 3 maggio 1849 da una facoltosa famiglia di Pforzheim, nel Granducato di Baden. Suo padre è un mastro falegname e da lui impara nozioni di meccanica, tecnica e manualità. È una ragazza curiosa e vispa, che studia tutto ciò che è permesso a una donna della sua epoca. Conosce Karl Benz il 27 giugno 1869 durante un’escursione organizzata dal club “Eintracht”. Lui è una mente geniale, è un ingegnere, ma senza un soldo bucato in tasca, che però ha l’ardire di salire sulla carrozza di Bertha e della madre, iniziando a esporre le sue idee riguardo a delle fantomatiche carrozze non trainate dai soliti cavalli, ma dalla sapiente invenzione che si chiama motore a scoppio. Bertha si innamora di quell’uomo e desidera sposarlo a tutti i costi. Riuscendoci. Andando contro al volere della famiglia, impegna la sua cospicua dote per finanziare l’ingegnoso progetto del marito, diventando la sua socia in affari. Nel 1885, dopo anni di sanguinosi lavori, Karl Benz riesce a finire il suo prototipo di carrozza a motore, con sommo giubilo. Nel novembre del 1886 è tempo di festeggiare perché Karl ottiene il brevetto per la sua creatura: un’automobile a tre ruote dotata di motore a scoppio e trazione posteriore.
Contro ogni aspettativa, però, nessuno sembra credere nell’invenzione di una mobilità senza l’uso di animali, che resta letteralmente al palo. Reazioni tiepide, poca domanda e nessun investitore pronto a collaborare con l’ingegnere. Dopo tanti sacrifici, il lavoro di Herr Benz sembra destinato a finire in un angolino per impolverarsi e cadere nel dimenticatoio. Ed è qui che entra in gioco Bertha.
Il viaggio di Bertha Benz
Per ottenere un grande risultato bisogna crederci fino a fondo, anche se non bisogna restare fermi immobili, le cose – talvolta – vanno fatte accadere. L’iniziativa della coraggiosa Bertha Benz, determinata a dimostrare al mondo la bontà dell’ideazione del marito, è intrisa di follia e amore. Ella decide di salire a bordo della Benz Patent-Motorwagern, così si chiama la prima auto della storia, per andare con i suoi due figli dalla madre a Pforzheim, partendo dalla città di Mannheim. La distanza è di 106 chilometri, che potrebbe far sorridere l’automobilista moderno, ma all’epoca rappresentava una vera e propria avventura. Il viaggio dura tredici ore e non è proprio una passeggiata. Si rompe la catena di trasmissione, che viene aggiustata grazie all’intervento di un maniscalco, poi, ci pensa lei stessa a sbloccare una valvola ostruita con un fermaglio del suo cappello, a isolare un cavo elettrico scoperto con una giarrettiera e ad aggiustare il sistema d’ignizione con una forcina per capelli. Senza dimenticare il rifornimento, che si può effettuare solo ed esclusivamente con etere di petrolio, un derivato che vendono solo in farmacia. Quando la macchina si ferma, Bertha si rimbocca le maniche e spinge il mezzo con tutta la sua forza.
Al suo arrivo a Pforzheim, ad aspettarla, c’è un nutrito manipolo di persone, venute a conoscenza della sua impresa. Infatti, il suo passaggio attraverso borghi e campagne ha destato scalpore. L’impatto con una carrozza senza cavalli guidata da una donna, è sembrata quasi un’allucinazione o un volo onirico. Tra i tanti curiosi accorsi nella città natale di Bertha ci sono anche molti giornalisti, che danno la notizia a tutte le testate, facendo un’eccellente pubblicità alla Benz Patent-Motorwagern, che si rivela un veicolo affidabile e solido. Il ritorno a Mannheim sarà altrettanto avventuroso, ma la donna lo pianifica in modo più meticoloso, tenendo conto delle farmacie, delle sorgenti, utili per refrigerare il motore, e di luoghi che potrebbero esserle utili in casi di guasto. Al rientro a casa, il passaparola aveva già fatto il suo dovere, tanto che l’ardita Bertha viene sommersa dal calore delle persone affascinante dall’automobile. La missione è compiuta, il sogno di famiglia è in rampa di lancio.
Il contributo alle quattro ruote
Le gesta di Bertha furono determinanti per le sorti del progetto del marito e per l’automobilismo in sé e per sé, perché diedero speranza e coraggio a tutti coloro che volevano intraprendere un percorso nel settore, innovando e sperimentando soluzioni che hanno, poi, consentito alle automobili di diventare quello che sono oggi: un veicolo di libertà per ogni essere umano.