L’Italia è diventato il Paese più stabile in Europa. Non è detto che ciò sia necessariamente un bene. Dipende ovviamente come «si usa» questa stabilità. Ma conviene ricordare come stanno i nostri vicini a cui molti si ispirano, prima di preoccuparsi troppo di Pozzolo e Solinas (con tutto il rispetto).
In Francia Emmanuel Macron ha presentato una legge sull’immigrazione che è stata bocciata, ne ha presentata un’altra che è stata approvata con il voto di gollisti e lepeniani mentre un bel po’ di deputati di «En Marche» hanno votato contro. La ex premier Élisabeth Borne ha fatto approvare la contestata riforma delle pensioni e poi la loro finanziaria con l’articolo 49 della Costituzione gollista che evita il voto parlamentare (altro che la fantomatica onda nera meloniana che mette la fiducia sulla finanziaria). Le Figaro fa notare come nel nuovo governo di Attal i ministri legati alla Capitale sono ben oltre la maggioranza, mentre Parigi rappresenta solo il 18% del Paese.
In Germania le cose non vanno meglio. Pochi giorni fa, mentre gli agricoltori bloccavano Berlino, una deputata socialdemocratica ha chiesto di mettere fuori legge Alleanza per la Germania (l’AfD), e il capo dei popolari Friedrich Merz ha fatto notare che è da pazzi mettere fuori legge un partito che in certe aree del Paese arriva al 30%. E ciò quando i sondaggi danno il 14% all’Spd, il 13 ai verdi, il 5 ai liberali: in tre rischiano di prendere i voti di AfD.
Qualcuno si compiace della vittoria, che non c’è stata, dello spagnolo Pedro Sánchez sui cosiddetti populisti. Il leader socialista per stare al potere ha fatto accordi con varie regioni a partire dalla Catalogna scambiando favori (talvolta al limite e oltre alla costituzione) e amnistie con il voto per il governo, e ha scatenato così una corsa alle ricompense che sta spaccando la sinistra (Podemos contro Sumar), le regioni contro le regioni (altro che autonomia differenziata di cui si parla oggi in Italia); e infine sta dividendo persino gli indipendentisti catalani: quelli di sinistra difendono gli immigrati e quelli di destra li vogliono cacciare. Nessuno scommette sulla durata di questo esecutivo.
In Polonia, l’astro nascente dell’economia continentale, il nuovo ministro della Cultura Bartomiej Sienkiewicz ha licenziato i dirigenti dell’emittente statale TVP e della Radio polacca, sostituendoli con altri. E il neo governo Tusk ha fatto arrestare l’ex ministro dell’Interno condannato nel 2007 per abuso d’ufficio mentre si trovava presso la sede del presidente della Repubblica (eletto dal popolo tra l’altro). In Portogallo António Costa – socialista al comando – si è dimesso per una storiaccia di corruzione ambientale; in Olanda i retroscena politici sostengono che Mark Rutte aspetti solo qualche mese per non fare un dispetto a Macron e poi farà il governo con il conservatore radicale Geert Wilders.
Sì, certo, il governo Meloni e i suoi alleati hanno qualche problema con Solinas e Pozzolo. E abuserebbe del voto di fiducia. Se solo avesse la costituzione gollista o le amnistie di Sánchez.