«In questa indagine mancano del tutto la presunzione di innocenza e l’imparzialità dei magistrati. Sono emersi legami con la massoneria, conflitti di interesse, cose inconcepibili per un paese come il mio o come l’Italia. Dimostrerò la mia innocenza. Hanno usato me per creare un caso politico». A un anno dallo scoppio dell’inchiesta Qatargate che ha terremotato il Parlamento europeo, l’ex vice presidente del Parlamento europeo, la greca Eva Kaili, in un’intervista andata in onda ieri sera a Quarta Repubblica attacca sulle anomalie e le violazioni che avrebbero compiuto i magistrati belgi. «Come sto? Ora che finalmente ho avuto accesso agli atti e che la verità sta emergendo, mi sento più forte, perché sono vicino a mia figlia. Sono tornata al lavoro al Parlamento europeo. Posso parlare con i colleghi, spiegare cosa è successo. So che presto o tardi le persone capiranno che questo non è il Qatargate, è ma un Belgiogate. I metodi usati dalla magistratura sono impensabili per un Paese europeo».
L’inchiesta è ancora in corso ma prosegue a fari spenti, e la scelta su eventuali rinvii a giudizio potrebbe arrivare solo dopo le elezioni. «Io ho chiesto di essere sentita in Parlamento, ma questo non è ancora accaduto. Presto ci saranno le elezioni e certo ci vuole coraggio, non sarebbe facile dover ammettere che si è commesso un errore. Ma i cittadini europei prima di votare meritano di sapere cosa è successo». Kaili ha trascorso sei mesi in detenzione preventiva, quattro in carcere e due ai domiciliari, accusata di far parte di un sistema di corruzione da parte del Qatar per ottenere posizioni politiche favorevoli. Per l’accusa al vertice della rete ci sarebbe stato Antonio Panzeri, ex europarlamentare di Articolo 1, tornato da poco in libertà, dopo aver firmato un accordo di pentimento con la Procura belga. In cambio ha ottenuto la liberazione della moglie e figlia che erano state fermate in Italia. In carcere era finito anche il compagno di Kaili, Francesco Giorgi, ex assistente parlamentare di Panzeri. Lei era stata arrestata dopo aver chiesto al padre di portare via una valigia con 600mila euro in contanti che era nella loro casa di Bruxelles. Lei ha ribadito: «Quei soldi non erano nostri, erano di Panzeri. Ho chiamato mio padre perché volevo che si riprendesse la valigia. Francesco ha fatto un errore: Panzeri gli aveva affidato in custodia un sacco soldi che prendeva dalle sue attività di lobbying. È rimasto incastrato in questa richiesta. Siamo entrambi genitori di una bambina che ha attraversato un momento molto difficile, la nostra priorità adesso è farle sentire che siamo vicini a lei. Saremo capaci di ristabilire le verità». Kaili ricorda «le pressioni» subite in carcere: «Mi hanno tenuto in condizioni degradanti, hanno usato mia figlia per farmi parlare di qualcosa di cui non sapevo nulla. Mi hanno detto che stavano cercando per lei una soluzione con i servizi sociali. Devastante. Sono una parlamentare che non ha fatto nulla male, ho fatto il mio lavoro, sono stata trattata in un modo inconcepibile per un Paese europeo».
Oltre ai contanti – 700mila euro – sequestrati a Panzeri, centrali per l’accusa, restano anche le anomalie di questa indagine. Come quella del giudice istruttore, Michel Claise, che si è ritirato dall’inchiesta per un conflitto di interesse. È emerso che suo figlio era socio in affari del figlio dell’eurodeputata, Maria Arena, inizialmente tirata in ballo da Panzeri con i magistrati, ma che poi non è mai stata coinvolta nell’inchiesta. Lo stesso pentito nelle successive dichiarazioni la aveva «scagionata». L’ex vicepresidente Kaili ricorda che «i servizi segreti, da cui è partita tutta questa indagine, e anche la polizia belga avevano escluso il mio coinvolgimento nella presunta corruzione, c’è scritto in una relazione che è agli atti. Poi abbiamo saputo che il figlio di Arena e il figlio di Claise erano soci in affari, ma lei, che era uno dei nomi fatti da Panzeri all’inizio, ed era anche citata nella relazione dei servizi segreti, a differenza mia, non è mai stata nemmeno interrogata». Quanto alle accuse di essere intervenuta a favore del Qatar da parlamentare ricorda: «Ogni mia attività seguiva la linea della Commissione e del mio gruppo, è tutto provato da messaggi e mail, comprese quelle del commissario Borrell. La linea era quella di costruire relazioni diplomatiche e per favorire accordi commerciali, energetici, vista la guerra in Ucraina, nell’interesse dei cittadini europei. Tutto è stato strumentalizzato per fare titoli sui giornali».
Ora lo stesso Claise, andato in pensione, ha annunciato la sua candidatura alle elezioni in Belgio con la sinistra: «Mi chiedo se di fronte a un magistrato che ha dimostrato di avere delle ambizioni politiche, che si è dovuto ritirare per un conflitto di interesse e che ha condotto tutto il caso in questo modo, ecco se tutto questo non dovrebbe sollevare delle serie domande sull’intera inchiesta», commenta Kaili.