Era questione di ore, inevitabilmente. Ieri sera la Procura della Repubblica di Lodi ha deciso di dare veste giudiziaria al caso che scuote l’Italia, la tragica morte di Giovanna Pedretti, brava, onesta ristoratrice travolta dagli insulti più spietati. Prima ancora che l’autopsia confermi quanto già ora appare scontato, la morte per annegamento, il fascicolo aperto informalmente dopo il ritrovamento del corpo è passato nel registro delle notizie di reato. E il reato ipotizzato dai pm, guidati dal procuratore Maurizio Romanelli, è netto: istigazione al suicidio. Per ora, «a carico di ignoti».
Tutto, negli elementi raccolti in queste ore dai carabinieri, converge verso una sola spiegazione: Giovanna si è tolta la vita deliberatamente, buttandosi nelle acque gelide del fiume Lambro dopo avere lasciato poco distante l’auto con il telefono. «Una brutta scena», la definisce chi ha potuto partecipare ai sopralluoghi sulla vettura. Tracce di sangue, visibili a occhio nudo. Probabilmente sono i gesti di autolesionismo di una donna disperata, travolta dagli eventi. Poi il tuffo nel fiume. L’autopsia verrà estesa anche all’esame tossicologico, per capire se prima di farla finita Giovanna avesse cercato di attutire il dolore con qualche farmaco.
Il sequestro dell’auto e del cellulare sono i primi passi concreti dell’inchiesta, che va in una direzione precisa: la responsabilità di chi ha preso di mira la ristoratrice di Sant’Angelo Lodigiano per il post in cui giovedì riportava la recensione omofoba ricevuta dal suo ristorante, e replicava invitando il visitatore a non tornare più. Dopo due giorni interi di applausi, sulla donna iniziano a piovere insulti: dopo che il blogger e cuoco Lorenzo Biagiarelli, compagno di Selvaggia Lucarelli, ha messo in discussione l’autenticità della recensione omofoba, e ha esplicitamente accusato la Pedretti di essersi inventata tutto. Puntiglioso, meticoloso, Biagiarelli indica tutti gli indizi che secondo lui dimostrano che quella recensione su Google non è mai esistita. Che a scriverla, maldestramente, è stata la stessa mano che ha replicato. Quella di Giovanna. Il meticoloso blogger indica anche il movente, accusa la donna di aver voluto farsi pubblicità. Ma la trattoria Le Vignole era sempre piena.
L’inchiesta della procura di Lodi ha un prequel, un atto che ora potrebbe rivelarsi utile, e che è stato compiuto quando la tragedia era ancora in incubazione, di là da venire. I carabinieri di Sant’Angelo Lodigiano hanno sentito Giovanna Pedretti, dopo l’indignazione sollevata dalla recensione omofoba pubblicata dalla donna. A scegliere di parlare con loro è la ristoratrice stessa, dopo le prime avvisaglie delle polemiche che stanno per piombarle addosso. Siamo nel pomeriggio di sabato, dopo che sul blog di Biagiarelli è apparso il primo messaggio che mette in discussione il racconto di Giovanna. Ed è lei a decidere di andare a raccontare la sua verità sul cliente sconosciuto (nel post il nome è cancellato) che si sarebbe lamentato «mi hanno messo a mangiare affianco a dei gay». Già in quell’occasione, i carabinieri dovrebbero avere chiesto qualche dettaglio sull’origine della recensione, ricevendo spiegazioni che ora potranno tornare utili alle indagini.
Ma non è l’interrogatorio a mandare in crisi la donna. È quanto accade dopo, quando Biagiarelli torna all’attacco con la sua opera di debunking, come gli orgogliosi specialisti definiscono l’attività di smantellamento delle «verità ufficiali». Ma qui a venire demolito è il racconto di una povera donna. Biagiarelli le telefona. Sono sei minuti di telefonata, che si intuiscono drammatici. Lei cerca di spiegare, di dimostrare la sua buona fede, spiega che la recensione omofoba era di qualche mese prima, e che allora non si era voluta «abbassare a replicare», ma che quando si è ritrovata davanti lo stesso signore non ha resistito: lo ha cacciato e ha reso nota la vicenda. Ma Biagiarelli non molla: nel suo ultimo post va giù ancora più pesante, «per me finisce qui, per umana pietà per la signora». Umana pietà, come se fosse già morta e già colpevole: «Vittima del proprio goffo tentativo di ribalta».
È la sera di sabato. Giovanna legge il nuovo post. Legge una parte delle centinaia di insulti. Si può solo immaginare la sua ultima notte. Domenica mattina, senza lasciare messaggi, va a buttarsi nel fiume. Chi l’ha spinta a farlo, dice ora la Procura di Lodi, dovrà risponderne.