Più che passano i mesi, più che i deliri woke della sinistra americana trovano sempre più resistenza da parte della popolazione. La proposta di rimuovere da un parco di Philadelphia l’unica statua dedicata a William Penn, fondatore dello stato della Pennsylvania, da parte dell’amministrazione Biden era stata accolta da un fuoco di fila da parte della gente del posto, oltraggiata dall’ennesimo attacco alla storia degli Stati Uniti. Alla fine, però, sono stati proprio coloro che, secondo l’amministrazione, sarebbero stati più “offesi” dalla presenza della statua a far pendere la bilancia a favore del restauro. I responsabili della tribù dei Delaware hanno infatti ribadito come William Penn fosse ancora ricordato con affetto visto che li aveva difesi fino alla fine. Un’altra imbarazzante gaffe di un’amministrazione che passa da un disastro all’altro senza soluzione di continuità.
Un revisionismo cialtrone
La proposta del National Park Service, responsabile della gestione di molti parchi pubblici, era arrivata nella giornata di lunedì 8 gennaio e sembrava continuare la tendenza degli ultimi anni di sbianchettare pesantemente il passato della nazione americana. La proposta di ristrutturazione del Welcome Park nella città vecchia di Philadelphia prevedeva infatti la rimozione della statua di Penn, nobile inglese che ottenne dal re d’Inghilterra la gestione del territorio che sarebbe poi diventata una delle colonie britanniche più ricche. Appena la proposta è apparsa sul sito dell’Nps, invitando il pubblico a commentarla, la reazione della popolazione di Philadelphia è stata immediata: un’ondata di commenti negativi che hanno convinto l’agenzia federale a rimuovere il tutto dopo poche ore. Il comunicato stampa dell’Nps è tanto sintetico quanto rivelatorio: “La proposta preliminare era stata resa pubblica in maniera prematura, senza esser stata valutata internamente. La statua di William Penn rimarrà al suo posto”.
Togliere dal parco creato proprio nel posto dove si trovava l’antica residenza di Penn, è stato considerato da tutti un oltraggio alla storia della città, mascherato dalle solite intenzioni della sinistra woke di offrire “un’esperienza più accogliente, accurata ed inclusiva ai visitatori”. Il parco prende il nome dalla nave che, nel 1682 portò William Penn nel nuovo mondo: rimuovere ogni traccia dell’uomo che rese la Pennsylvania quella che è sarebbe stato profondamente irrispettoso nei confronti della storia del New England. La proposta dell’Nps sarebbe stata avallata dalle popolazioni native dell’area, le tribù degli Shawnee e dei Delaware, ma l’alzata di scudi della gente di Philadelphia ha convinto l’agenzia a rimandare il tutto. Il parco sarà restaurato prima dei 250 anni dalla Dichiarazione d’Indipendenza nel 2026 ma solo dopo che le varie opzioni saranno state dibattute a lungo con gli abitanti.
“Un nostro grande alleato”
La vicenda sarebbe potuta finire lì, come l’ennesimo svarione in salsa woke di un’amministrazione tra le più disastrose della secolare storia dell’Unione ma, a quanto pare, la consultazione operata dall’Nps non sarebbe stata fatta a regola d’arte. Per quanto riguarda la tribù dei Delaware, infatti, la statua di William Penn stava bene dov’è, visto che il fondatore dello stato è sempre stato considerato un grande alleato. Quando hanno parlato con i dirigenti dell’agenzia, i rappresentanti delle nazioni indigene avevano in mente qualcosa di diverso, un modo di integrare la vita di Penn con la cultura, storia e tradizioni delle popolazioni che vivevano prima dell’arrivo dei coloni inglesi. Secondo Johnson, “William Penn è una figura molto rispettata ed è una parte importante, sebbene minore, della nostra lunga storia”. Insomma, ai nativi americani quella statua andava benissimo, al contrario di quanto volevano far credere certi attivisti di sinistra. Bryan Cutler, figura di spicco del Partito Repubblicano locale, ha definito il tentativo di rimuovere la statua per “creare un ambiente più inclusivo è un modo assurdo di riscrivere la storia della Pennsylvania”, una posizione simile a quella del governatore Shapiro, che ha invitato l’amministrazione Biden a lasciare la statua “nel posto che le compete”.
Il processo di consultazione delle popolazioni native, previsto dal National Historic Preservation Act, è stato un mezzo disastro: i leader delle tribù degli Shawnee, che furono in seguito spostate in Oklahoma, hanno dichiarato di non esser mai state contattate a riguardo. Il capo della tribù, Ben Barnes, dice di non aver ricevuto nemmeno una comunicazione formale e di essere fermamente contrario alla rimozione della statua. “William Penn era un alleato degli Shawnee. Fino a quando è rimasto in vita ha mantenuto la sua parola. Fino a quando è stato in grado di parlare in nostro nome, gli Shawnee sono stati al sicuro. William Penn non è certo tra i personaggi disdicevoli che hanno causato così tante sofferenze alle popolazioni indigene”. Come succede spesso, insomma, gli unici ad essere offesi dalla presenza di una statua di un uomo bianco sono gli estremisti woke, non certo gli indiani americani che l’avevano sempre considerato un amico.
Un personaggio da rivalutare
La cosa veramente assurda è che l’amministrazione Biden si sia scagliata proprio contro la figura di Penn, considerato dagli storici un uomo illuminato, i cui metodi erano molto diversi da quelli dei primi colonizzatori del New England, pronti ad usare sempre la forza per espandere i propri possedimenti. La statua, una replica di quella in bronzo che domina il municipio di Philadelphia è simbolo di questo approccio innovativo ai rapporti con le popolazioni indigene. I rappresentanti delle nazioni indigene, insomma, non vedrebbero di buon occhio un nuovo parco che rimuovesse ogni citazione del loro antico alleato. L’idea di inserire nuovi pannelli sulla storia degli indiani del posto, piante ed alberi della loro tradizione e panchine circolari è invece decisamente più in linea con la loro visione. Penn, approdato nel 1682 forte del mandato concessogli da Re Carlo II d’Inghilterra, aveva sempre preferito un approccio pacifico con le tribù del posto, a partire dai Lenape, per rimarcare la differenza dagli olandesi.
Secondo Michael Goode, professore di storia alla Utah Valley University, lo scopo di Penn era quello di ottenere i territori nativi per venderli a coloni europei ma solo con il loro consenso. Questa “conquista tramite trattati” era poi accompagnata da un approccio illuminato al governo e alla tolleranza religiosa. Fu per questo che le tribù indiane si fidavano di Penn, tanto da citarlo spesso dopo la sua morte nel 1718 quando si trattò di rivedere i trattati con i governatori delle colonie. Andrew Murphy, professore di scienze politiche all’Università del Michigan, ricorda come “parte della strategia di Penn era solo retorica ma si era costruito una reputazione solida che è ricordata ancora con rispetto”. Invece di cancellarne la memoria, l’approccio pacifista di Penn andrebbe rivalutato. A quanto pare, ai nuovi razzisti della sinistra importa solo che era un uomo bianco: il resto non conta.