È arrivata la prima decisione sul caso di Anna Bellisario, la 20enne morta a gennaio 2023 dopo essersi sentita male a seguito dell’ingestione di 4 cucchiai di tiramisù vegano acquistato durante una cena in una hamburgheria vegana di Milano assieme al fidanzato. A seguito del malore, la ragazza era rimasta in coma per 9 giorni presso l’ospedale San Raffaele, che l’aveva ricoverata a seguito di uno shock anafilattico. Ora, il gip di Milano ha disposto il divieto di esercitare attività d’impresa per un anno nel settore della produzione alimentare nei confronti di Giuseppe Loiero e Giovanna Anoia, accusati di omicidio colposo.
I NAS di Milano hanno eseguito l’ordinanza nei confronti del legale rappresentante e della dipendente-socia e responsabile HACCP (Hazard Analysis Critical Control Point) della GLG srl, azienda inserita nel settore della produzione alimentare dolciaria vegana e non vegana. È stata questa l’azienda a commercializzare il prodotto ingerito dalla 20enne che, secondo le indagini del pm Luca Gaglio, conteneva “quantità di proteine allergeniche del latte vaccino, in particolare caseine” a causa “dell’erroneo utilizzo di mascarpone nella produzione della crema destinata al tiramisù vegano“. Un errore di produzione, quindi, alla base della morte di Anna Bellisario, evidentemente fortemente allergica alle proteine del latte.
Secondo gli investigatori, la presenza delle proteine del latte vaccino non è imputabile solo a una contaminazione ma si tratta di un vero e proprio errore, in base al quale il mascarpone è stato usato come ingrediente del tiramisù vegano. Uno sbaglio che è costato la vita a una ragazza che si era fidata delle indicazioni contenute nella confezione del prodotto. Nessuna responsabilità per il locale che ha somministrato il prodotto, visto che è arrivato confezionato dall’esterno e non era possibile capire che si trattasse di un tiramisù sbagliato. Le indagini di militari e Ats hanno riscontrato nel laboratorio di produzione “criticità” rispetto alle “procedure produttive“, alla “formazione del personale” e alla “predisposizione di adeguate misure di controllo volte alla prevenzione, eliminazione e/o riduzione di pericoli“. Non ci sarebbe stata alcuna distinzione nei locali o di produzione tra linee vegane e linee classiche. I dipendenti interrogati dagli inquirenti hanno dichiarato di “non conoscere il concetto di produzione vegana, implicante il mancato utilizzo di latte e uova“.