L’incontro, l’arma e la banda: dubbi sulla morte di Alexandru

Minorenne ucciso a Monte Compatri, c’è un quarto fermo

Ucciso al posto del patrigno. Alexandru Ivan, il 14enne ammazzato con due colpi calibro 38, non doveva morire. Obiettivo della spedizione punitiva alla stazione di Pantano era lui, Tiberiu Maciuca, 40 anni, pregiudicato, che con gli assassini aveva conti in sospeso. Vecchie ruggini con i rom di origine romena, ma nati in Italia, che controllano la zona dai Castelli Romani fino alla Borgata Finocchio, lungo la via Casilina. Due 30enni che adesso sono braccati dai carabinieri. Interrogato, Maciuca parla di questioni da poco. Uno sguardo di troppo davanti casa dove vive con la madre di Alexandru e la sorellina di 8 anni, fuori dal bar Esse Cafè. Una parola sbagliata e viene schiaffeggiato davanti al figlioccio. Un affronto da vendicare. Con i rom si dà appuntamento al terminal della linea C della metro, ai confini con Monte Compatri. Ma i due sinti, forse tre, non lo fanno nemmeno parlare: arrivano e sparano all’impazzata.

Un atto di forza per mettere in chiaro chi comanda. Una storia che non convince gli inquirenti che hanno interrogato amici, parenti e soprattutto gli altri 4 che erano con Tiberiu e Alexandru alle 3 di quella notte maledetta. Punto primo. L’incontro al bar, alle 23, non sarebbe stato casuale. «Ero sceso a prendere del vino – mette a verbale Maciuca -, stavamo festeggiando il compleanno della mia compagna». Ma l’uomo conosce gli aggressori tanto da contattarli per confermare l’appuntamento chiarificatore. Forse li conosceva anche Alexandru: sarà un caso ma il cellulare del ragazzo non si trova, scomparso. E con lo smartphone gli ultimi contatti. «Vediamoci al parcheggio della metro» l’ordine urlato dai rom davanti al bar. Un incontro con la morte cui l’uomo si presenta «paratissimo», con gli amici armati di mazze da baseball. Con loro il ragazzino. «Voleva andare a dormire da un altro zio – spiegherà il fratello di Tiberiu, Ionut – ecco perché era in macchina con lui».

Alle tre di notte. È il secondo punto che non convince. Perché non lasciare il 14enne al sicuro, a casa dell’altro zio? Le immagini delle telecamere del bar mostrano la scazzottata. «Erano in tre – conferma la barista. Qui ogni sera c’è una rissa». Dalle altre telecamere si vede l’arrivo del gruppo di fuoco nel piazzale deserto e la fuga.

Il luogo della sparatoria, però, non è coperto. A terra niente bossoli: è un revolver l’arma che ha colpito all’addome e a una gamba il 14enne? Trasferiti da un paio di anni a Finocchio non senza difficoltà di inserimento per Alexandru, un ragazzo timido che amava il calcio. Ma che aveva anche tanta voglia di riscatto. A scuola, alla media Domenico Savio, agli insegnanti aveva promesso di continuare gli studi. Voleva iscriversi al liceo e, magari, giocare in una squadra di professionisti. Anche il padre non si dà pace. «Perché mio figlio si trovava per strada a quell’ora della notte? – chiede Edy Ivan -, cosa ci faceva con quella gente, che tutti conoscono bene? Hanno sempre creato problemi anche quando vivevo lì, 20 anni fa. Avevo sentito la sorellina prima di cena, era il compleanno della mia ex e sembrava andasse tutto bene. Ora chiedo giustizia».

Leave a comment

Your email address will not be published.