L’amore sinistro per la patrimoniale

Valgono quasi 50 miliardi le dieci patrimoniali che si pagano ogni anno

Certi amori non finiscono, fanno dei giri immensi e poi ritornano. Il lettore ci perdonerà la licenza poetica ma dovendo commentare il rapporto tra la sinistra italiana e la patrimoniale, tornano alla mente le parole di una nota canzone perché si tratta a tutti gli effetti di un grande amore che non tramonta mai.

L’ultima a proporla è stata Elsa Fornero (nel tondo) che in un articolo su La Stampa dal titolo surreale «Perché la patrimoniale serve alla crescita» suggerisce di introdurre una nuova tassa sulla casa per «ridurre il costo del lavoro e aumentare i salari» sostenendo ci siano «buone ragioni» per cui l’Italia dovrebbe introdurre un’imposta patrimoniale «sul patrimonio immobiliare, visto che quello finanziario già ne è gravato».

Non stupisce più di tanto che l’idea arrivi dalla Fornero che, come ricorda giustamente il presidente di Confedilizia Giorgio Spaziani Testa, «era ministro nel governo Monti che nel 2011 ha istituito la più pesante patrimoniale sugli immobili della storia d’Italia (per sua informazione, si chiama IMU). E la notizia – sempre per la professoressa, non per chi la paga da dodici anni – è che quella patrimoniale nessuno l’ha poi eliminata, gravando ancora per 22 miliardi di euro l’anno. Dalla sua istituzione l’Imu ha pesato su individui, famiglie e imprese per ben 270 miliardi di euro».

Non si sono fatte attendere le reazioni politiche alle parole della Fornero a cominciare dal vicepremier Matteo Salvini che ha affermato «di ricette disastrose di questa signora l’Italia ne ha già avute abbastanza. Giù le mani dalle case e dai risparmi degli italiani». Secondo il capogruppo di Fdi alla Camera Tommaso Foti: «quello apparso sulle pagine de La Stampa, firmato dall’ex ministro Fornero, è un vero e proprio manifesto della sinistra a favore della patrimoniale. La sinistra, amante delle tasse, manda avanti la professoressa Fornero per ribadire quanto sarebbe utile e necessaria questa imposta» mentre per il segretario di Forza Italia e Ministro degli Esteri Antonio Tajani «finché Fi sarà al governo e in Parlamento non ci sarà mai una patrimoniale. Noi le tasse degli italiani le vogliamo abbassare e non aumentare».

Eppure la Fornero non è la sola a sinistra ad aver proposto la patrimoniale che ciclicamente torna d’attualità. Pochi giorni fa aveva rilanciato l’idea il segretario di Sinistra italiana Nicola Fratoianni sostenendo: «diciamo che serve una patrimoniale sulle grandi ricchezze per abbassare tasse e dare più servizi a chi lavora e ha stipendi bassi e per chi non lavora proprio».

La patrimoniale è anche un pallino di Elly Schlein che, pur non utilizzando direttamente questo termine, in varie occasioni ha sostenuto la necessità di politiche fiscali che vadano in tale direzione come la scorsa estate quando il Pd ha presentato la sua controriforma per il fisco. In nome di «redistribuzione e di una maggiore equità», il segretario del Pd ha affermato «se dobbiamo abbassare le tasse su lavoro e imprese bisogna intervenire sulle rendite e i redditi da capitale, dove le aliquote sono più basse. Bisogna rendere il sistema fiscale più equo per fornire un futuro ai servizi per i cittadini».

Come se non bastasse il tentativo di introdurre una nuova patrimoniale a livello nazionale, la sinistra ci ha provato anche in Europa attraverso la risoluzione «risorse proprie: un nuovo inizio per le finanze dell’Ue, un nuovo inizio per l’Europa» a cui è stato proposto un emendamento invitando «la Commissione a presentare una proposta relativa a una nuova risorsa propria basata su un’imposta sul patrimonio di individui e famiglie». L’emendamento è stato per fortuna bocciato ma non la visione che lo ha animato, d’altro canto la volontà della sinistra di mettere le mani nelle tasche degli italiani è dura a morire.

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