L’indiscrezione rimbalza da Londra a Parigi per arrivare a Milano proprio nel giorno in cui sulla passerella di Prada si celebra il ritorno della grisaglia da consiglio d’amministrazione, del trench manageriale, della giacca a doppiopetto e delle scarpe stringate da uomo d’affari. Ebbene, negli ambienti dell’alta moda corre voce che siano a buon punto le trattative per cedere il gruppo a un fondo di private equity inglese in qualche modo collegato ai Wertheimer, ovvero la potentissima famiglia francese che possiede Chanel. Sembra anche che prima di Natale ci sia stata una riunione tra un paio di emissari del fondo, Miuccia Prada con i membri più fedeli del suo staff, il figlio Lorenzo Bertelli indicato dal padre Patrizio come delfino designato alla governance del brand e una bellissima ragazza vestita Alaìa dalla misteriosa identità. In compenso non è stata segnalata la presenza dell’amministratore delegato Andrea Guerra e nemmeno quella di Patrizio Bertelli, co-fondatore del colosso del Made in Italy per cui i presunti acquirenti inglesi avrebbero offerto una cifra pari a 6 miliardi di euro.
Durante l’incontro si sarebbe discusso del futuro della grande signora del Made in Italy che potrebbe continuare a disegnare Miu Miu, marchio di cui già adesso si occupa da sola mentre per Prada divide la poltrona di direttore creativo con Raf Simons, il bravissimo designer belga sulla cui visione stilistica nessuno ha niente da ridire, mentre sul potenziale commerciale delle collezioni non tutti sono disposti a mettere la mano sul fuoco per le sue scelte.
Quanto alla dimensione dell’affare, basti dire che nei primi nove mesi 2023 i ricavi del Gruppo Prada sono risultati in crescita del 17% a 3,34 miliardi, mentre Miu Miu da solo ha registrato un sensazionale balzo in avanti del 49%. È insomma plausibile che in caso di vendita Miuccia voglia tenersi stretto il brand che si chiama come lei nel vezzeggiativo di famiglia, lasciando il ponte di comando creativo del marchio ammiraglio ad altri.
Appare invece poco verosimile l’ipotesi della nascita di un marchio registrato da lei e venduto in esclusiva mondiale nello storico negozio aperto dal nonno Mario Prada nel 1913 a Milano nella Galleria Vittorio Emanuele. Resta inoltre da capire che fine ha fatto l’idea di quotare il brand anche in Piazza Affari dopo il debutto del giugno 2011 alla Borsa di Hong Kong, dove è stato collocato il 20% del capitale. Qualche giorno fa è nuovamente circolata l’indiscrezione secondo la quale tutti i grandi progetti sono stati rinviati alla seconda metà dell’anno in corso, compreso il dual listing in programma a Piazza Affari. Ma su questa storia adesso s’innestano le voci di vendita anglo-francesi che stanno provocando grandi perplessità tra gli addetti ai lavori della moda, perché l’idea di Prada senza Miuccia è difficile da concepire vista la storia del marchio.
Di sicuro, comunque, Prada Holding, la finanziaria alla quale partecipano tutti i membri della famiglia, al momento possiede più dell’80% delle azioni del gruppo e questo significa che ogni decisione dovrà essere assunta all’unanimità. Nel 2021 Patrizio Bertelli dichiarò a Bloomberg: «Mi interessa comprare, non vendere». Sarà ancora della stessa idea, vista la posizione della moglie Miuccia?
In ogni caso, non verosimile appare l’ipotesi che il compratore possa essere il Gruppo Kering. Ancor più peregrina quella del Gruppo Richemont che non ha abbastanza esperienza nel mondo della moda per gestire una corazzata stilistica e produttiva come Prada. Resterebbe in ballo il Gruppo LVMH con cui però ci sono già stati dei contatti anni fa finiti non bene. Anche per questo appaiono verosimili le indiscrezioni sull’interesse del mega fondo inglese con la regia occulta della famiglia Weirthemeir-Chanel.