Dal bagno di like alla tempesta di insulti, nello spazio di pochi click, è quello che la cronaca recente ci sta mostrando in tutta la sua spietata durezza, con conseguenze che possono essere imprevedibili e pericolose. Parliamo del caso Ferragni, ma anche della triste vicenda di persone comuni che finiscono nel mirino di celebrazioni istantanee e subito dopo di gogne mediatiche inaspettate, travolte da commenti negativi che cancellano quanto di buono c’era stato fino a quel momento. Come il caso di Giovanna Pedretti, la ristoratrice di Sant’Angelo Lodigiano (Lodi), ritrovata senza vita nel Lambro, probabilmente morta suicida.
L’analisi dello psichiatra
“Soprattutto l’ultima è una vicenda molto amara – spiega lo psichiatra Claudio Mencacci, direttore emerito di Neuroscienze all’Asst Fatebenefratelli-Sacco di Milano e co-presidente Sinpf (Società italiana di neuropsicofarmacologia) – che ci fa pensare su quanto l’esposizione in ogni caso mediatico a disposizione sui social, possa intercettare delle situazioni di fragilità, o quantomeno che diventano di fragilità“.
Non tutti reggono allo stress provocato
Non tutti sono pronti o hanno gli strumenti per poter essere esposti a quelle luci della ribalta e possono ovviamente incappare in un punto di criticità, di rottura. Spiega ancora Mencacci: “Indipendentemente dalla verità o dal costruito, le espressioni rese note di questa signora sono in ogni caso espressioni di civiltà che dovremmo fare nostre nei confronti di chi ha dei comportamenti discriminatori verso fragili o persone che fanno delle scelte diverse. Ma, fatto salvo questo, mi colpisce la concomitanza di due fattori: da un lato l’esposizione alla notorietà e il clamore, ed è difficile pensare che tutto questo fosse per avere dei nuovi clienti data la collocazione molto semplice dell’attività professionale, e dall’altro l’essere poi travolti da una tempesta“.
I fattori che possono aver inciso sulla “scelta”
Questi due fattori, spiega: “Possono aver fortemente inciso sul senso di vergogna e anche di riserbo sulla sofferenza in una persona che aveva una dimensione molto locale, in una piccola comunità, situazione questa che fa sì che ci sia un senso più forte dell’identità e della propria integrità. E l’esposizione a questa vulnerabilità, in coincidenza di una ricorrenza come quella del suicidio del fratello, può aver generato il cosiddetto punto di rottura“.
Il tema della vergogna
Lo specialista tiene a sottolineare che non tutti sono pronti e preparati alla luce della ribalta e il tema è anche quello della vergogna. “Si va a intaccare quel senso di riserbo e riservatezza, o anche a volte di riguardo, e si passa dalla modestia a queste situazioni di clamore sia in positivo che in negativo“. E la persona può non essere pronta a tanto cinismo che continua a “mordere sempre più ferocemente, perché non tutti sono attrezzati” spiega.
La tempesta ‘shitstorm’
Il “vento” che sui social cambia in fretta, prima sei un dio poi scendi negli inferi, ha anche un nome: ‘shitstorm’. “Funziona come una tempesta di fango che si alza improvvisamente e il tema è quanto la persona ha gli strumenti e se è abituata a questo sali e scendi dalle montagne russe”. Riguardo al caso delle critiche rivolte alla ristoratrice lodigiana però, lo psichiatra ha un’idea ben precisa: “Quel gesto, la replica della donna alla recensione, mi è parsa una rivendicazione giusta, un gesto giusto perché espressione di civiltà”.
I giovani sono i più colpiti
Per tornare al tema della fragilità, spiega lo psichiatra: “Può riguardare una persona matura ma anche e soprattutto i più giovani. Abbiamo avuto le ondate di contagio emotivo, quelle dell’aumento di gesti impulsivi e autolesivi ed è soprattutto tra i ragazzi che queste situazioni di discredito e di cinismo mordono le parti più fragili e meno coese”. Li abbiamo visti tante volte e hanno indotto dei comportamenti molto gravi. Se colpisce che il caso lodigiano abbia come protagonista una persona matura, tenendo sempre presente che c’è sempre una combinazione di fattori precipitanti, va detto che spesso sono proprio i più giovani ad essere anche i meno attrezzati.