L’Europa tentenna sulla missione navale in Yemen. I timori su Di Maio “garante” per il Golfo

L'Europa tentenna sulla missione navale in Yemen. I timori su Di Maio "garante" per il Golfo

L’ importante, nelle grandi crisi internazionali, è infilare l’uomo giusto al posto e nel momento giusto. Gente come Winston Churchill, Henry Kissinger o, per l’Italia del dopoguerra, Alcide De Gasperi. Ma mentre nel Mar Rosso divampa lo scontro con i miliziani Houthi e il conflitto minaccia di espandersi all’Iran e al Golfo Persico l’Unione Europea chi schiera? Semplice Luigi di Maio. Purtroppo avete letto bene.

Nel novembre 2022 l’ex bibitaro ed ex-ministro degli Esteri a Cinque Stelle è stato scelto dal socialista Joseph Borrel (per intenderci lo stesso Commissario alla politica estera che sabotò l’intesa tra Europa e Tunisia patrocinata dalla Meloni) come inviato speciale Ue nella regione che comprende Oman, Emirati Arabi, Arabia Saudita, Qatar, Bahrein, Kuwait, Iraq e Iran. Insomma proprio la zona in cui minaccia di espandersi il conflitto dilagato da Gaza allo Yemen. Un conflitto in cui l’Europa è già vergognosamente assente. Ma se a metterci le mani sarà «Giggino» le cose potrebbero andare anche peggio.

Il primo a pronosticarlo fu Le Monde. «Le sue competenze, soprattutto la sua conoscenza da debuttante dell’inglese e la sua scarsa esperienza nel Golfo, rendono curiosa questa scelta» – scrisse il quotidiano francese.

Una perplessità a dir poco contenuta rispetto alle reazioni che la nomina sollevò in Italia. Il ministro degli Esteri Antonio Tajani chiarì che Di Maio «non è il candidato del governo italiano». La Lega parlò di «insulto all’Italia». Maurizio Gasparri sottolineò che «il Golfo richiede persone serie non nullità come Di Maio».

Ora però siamo alla prova del nove. Una prova complessa anche per un fuoriclasse viste le divisioni e l’approssimazione con cui l’Europa affronta l’emergenza. Per capirlo basterebbero le divergenze sulla partecipazione ai raid contro gli Houthi.

Mentre Italia, Spagna e Francia si sono tirate fuori e non hanno sottoscritto l’operazione Germania, Danimarca e Paesi Bassi hanno avvallato l’iniziativa militare. Alla sconcertante divisione politica s’è aggiunta l’assenza d’iniziative per una missione in difesa dei traffici marittimi, la ristrettezza dell’impegno navale ipotizzato e i tempi biblici con cui si tenta di rimediare a queste latitanze. L’Ue ipotizza, infatti, d’inviare al massimo tre unità navali (l’Italia da sola ha già due fregate nel Mar Rosso), ma non sarà in grado di deciderlo fino alla riunione del Consiglio Europeo d’inizio febbraio.

Ma quel che più fa specie, anche perché coinvolge direttamente Luigi di Maio, è la scelta della missione in cui inserire la flotta europea. Mentre nel Mar Rosso è già operativa l’operazione anti-pirateria Atalanta in cui si sono inserite le nostre fregate «Virginio Fasan» e «Federico Martinengo» l’Ue pensa di ampliare le competenze di Agenor, una missione europea avviata nel 2019 a protezione dello Stretto di Hormuz e con ancoraggio nella base francese di Abu Dhabi.

E qui casca l’asino. O, peggio, Di Maio. Anche perché da quelle parti «giggino» è visto come il fumo negli occhi. Abu Dhabi non scorda, infatti, la prodezza con cui tre anni fa l’allora ministro degli Esteri del Conte-bis bloccò prima la fornitura di 20mila bombe fabbricate in Italia e poi l’invio di pezzi di ricambio alla pattuglia acrobatica degli Emirati. Insomma l’inviato perfetto nel posto e nel momento giusto.

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