«Per fare una vera rivoluzione ci vuole un avventuroso che resti a casa» scrive George Roditi nel sublime saggio Lo spirito di perfezione (Bompiani).In quest’ottica la sfilata di Emporio Armani in passerella ieri sera era perfetta, un inno a uno stile che Re Giorgio chiama «eleganza portuale» ma che di fatto è un sentito omaggio alla dignità del lavoro, all’eterno confronto tra l’uomo e il mare. Nella collezione Emporio del prossimo inverno c’è il peacot di Corto Maltese che è un grande classico del guardaroba maschile chiamato The Original Blu Navy e qui magistralmente modificato da una moderna costruzione sartoriale. Poi c’è la salopette consegnata al mito da Braccio di Ferro ma qui declinata in chiave sportswear. Non manca il severo pastrano del Capitano Achab e neppure le casacche da marinaio (qui anche di pelle), le pettorine, il cappello a bustina e gli stivaloni con e senza ghetta. Manca il fascino torbido di Querelle de Brest ampiamente rimpiazzato da un eccezionale lavoro sui luminosi decori della parte sera che ricordano le incrostazioni di conchiglie sulle chiglie delle navi. Tutto è volutamente monocromatico sui toni di blu navy, grigio acciaio, bianco ghiaccio e nero notte. «Ho pensato all’Atlantico delle traversate e alle navi che lo hanno solcato: un modo per esplorare lo spirito di Emporio con un accento sul passaggio fluido tra maschile e femminile» ha detto Armani che ha fatto sfilare anche alcune ragazze con gli stessi modelli dei ragazzi. Da Fendi si vedono invece le prime gonne da uomo plausibili dopo sua maestà il kilt. Si comincia da un modello a pieghe che di fatto è una gonna-pantalone con il davanti cucito al dietro all’altezza dell’orlo. Con lo stesso tipo di cucitura che probabilmente richiede uno studio delle proporzioni davvero da mal di testa c’è una variante dritta con le gambe a tubo di stufa e il taglio centrale con l’effetto di un profondo sfondo piega. Meno riuscito a prima vista il modello dritto e aderente in maglia tubolare che però è una canottiera trasformista (ovvero da tirare su o giù alla bisogna) che richiede una fisicità efebica. Tutto il resto è una bella sinfonia di materiali e colori che prevede le sfumature del bosco tra verde foglia e marrone in morbidissimo cashmere, cuoio, pelle, montone rovesciato e velluto a coste larghissime per convenzione detto roccia. Tutt’altra atmosfera da MSGM che sfila nella stazione della metropolitanta tra Corso Buenos Ayres e via Panfilo Castaldi perché la collezione parte da una profonda riflessione sulla velocità, sulla vita frenetica di una città come Milano e sul design di cui è senza opbra di dubbio la capitale. Da qui l’dea del designer Massimo Giorgetti di collaborare con la Fondazione Franco Albini (l’architetto che ha ideato insieme con Bob Noorda la segnaletica e l’allestimento della rossa come i milanesi chiamano la linea M1) per riprodurre come spilla o intarsio sul cappotto la parte finale del corrimano tubolare a cui si aggrappano tutti i giorni milioni di persone per non cadere quando scendono di corsa le scale verso i treni. Tutte le stampe della collezione sono state create utilizzando google Pixel 8 e la sua fotocamera basata sull’intelligenza artificiale. Anche Tiziano Foglia, direttore creativo di Harmont & Blaine utilizza l’AI (Artificial Intelligence) per disegnare le righe delle bellissime camicie del brand che hanno i colori assemblati dall’artista svedese Jonas Peterson. Con gli stessi cromatismi il marchio del bassotto lancia anche My dog and I, una collezione di pullover gemelli per cane e padrone mentre i piumini della linea Alta Quota studiata per il mercato russo e quindi con un costo massimo di 300 euro sono incredibilmente leggeri e garantiti fino a meno 20 gradi. Da Brioni ci si ritrova in un giardino incantato di lusso sartoriale con la giacca Leggera di nome e di fatto essendo costruita con due veli di tessuto cuciti tra loro oppure con il modello da sera che sembra in velluto mille righe bianco e invece è un sensazionale plissè. Per Corneliani il futuro dell’eleganza comincia in atelier e non finisce mai perché se ti vesti a strati con cose fatte in sartoria non sembri l’omino della Michelin.