Il fisco amico vince l’evasione. E la sinistra perde la testa

Fisco amico, il concordato segue il modello americano

Il Fisco amico non piace alla sinistra. Da tre giorni, da quando cioè la commissione Finanze del Senato ha approvato il parere favorevole al dlgs sul concordato preventivo, le opposizioni, la Cgil e la Uil non fanno che gridare allo scandalo e, soprattutto, al «condono» su una norma attuativa della riforma che sta per essere varato in via definitiva.

È tuttavia necessario fare un passo indietro per comprendere a fondo perché si possano ritenere ingiustificate le polemiche, non trattandosi di una sanatoria ma di una nuova modalità di rapportarsi con le amministrazioni fiscali. Il dlgs sul concordato preventivo biennale è parte integrante della riforma seguita in prima persona dal viceministro dell’Economia, Maurizio Leo, e si rivolge a imprese, partite Iva e professionisti con redditi o ricavi inferiori a 5,1 milioni di euro, che non hanno debiti con l’Erario superiori a 5mila euro e che non hanno riportato condanne per frode.

Costoro potranno chiedere alle Entrate una proposta di concordato che dovrebbe essere formulata entro aprile e che sarà basata sulle dichiarazioni Irpef (o Ires) e Irap degli ultimi anni o esercizi e sarà integrata dai dati che l’agenzia guidata da Ernesto Maria Ruffini è in grado di recuperare attraverso il suo sistema di interscambio. Se si accetta la proposta, si pagherà per due anni un’imposta fissa e, soprattutto, si sarà esenti dagli accertamenti del Fisco su questi tributi. L’accordo decade se si accertano redditi o passività indeducibili in misura superiore al 30% di quanto concordato oppure a seguito di modifica degli importi tramite dichiarazione. Idem in caso di commissione di reati contabili.

La commissione Finanze del Senato presieduta da Massimo Garavaglia (Lega) ha approvato il parere presentato dal relatore Fausto Orsomarso (Fdi) che contiene sei raccomandazioni. Le principali sono tre. La prima prevede che l’accesso al concordato «venga esteso, nel rispetto della disciplina relativa agli Isa, a tutti i contribuenti che ne facciano richiesta». Nella formulazione originaria il decreto stabiliva che si dovesse avere almeno un 8 nella «pagella fiscale» per poter fare domanda, ora l’accesso dovrebbe essere libero purché, come visto, si possiedano ben determinati requisiti. La seconda modifica principale è che «l’eventuale incremento del reddito e della produzione netta rispetto a quello dell’anno di riferimento preso a base sia limitato ad una percentuale fino al massimo del 10%». Una proposta difforme deve essere sottoposta a «contradditorio con il contribuente prima di essere formalizzata». In pratica, i senatori hanno chiesto di limitare l’incremento del prelievo. Dal concordato preventivo biennale sono attesi, infatti, 1,8 miliardi di euro. La terza modifica riguarda lo slittamento da luglio a ottobre della possibilità di adesione alla proposta delle Entrate. Affermare che sia «un condono di massa» come hanno fatto Cgil e Sinistra o che sia un «obbrobrio economico» (M5s) è fuorviante e soprattutto falso. Nessun aderente pagherà meno anche nel caso di minori ricavi, ma si sottrarrà alla stretta anti-evasione che si concentrerà su chi vorrà restare nell’ombra.

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