L’assistenza militare degli Stati Uniti all’Ucraina si è «interrotta». Le parole della Casa Bianca sono una doccia gelata per Kiev, che vede assottigliarsi sempre di più il tempo per assicurarsi altre forniture da parte dei partner occidentali. Il portavoce del consiglio per la sicurezza nazionale John Kirby ha confermato che i fondi stanziati dal Congresso sono finiti ed è stato «emesso l’ultimo pacchetto di aiuti», mentre a Washington continuano i negoziati tra democratici e repubblicani sui nuovi stanziamenti. A fine anno, il presidente americano Joe Biden ha sollecitato Capitol Hill ad approvare fondi supplementari – inclusi 60 miliardi per l’Ucraina – ma i repubblicani hanno bocciato la richiesta a meno che non venisse data luce verde alle misure sulla sicurezza del confine tra Usa e Messico e alla riforma dell’immigrazione, una delle questioni più complesse.
Nei giorni scorsi, i leader del Congresso hanno concordato un’intesa bipartisan su tetto della spesa pubblica fissandolo complessivamente a circa 1.600 miliardi di dollari per l’attuale anno fiscale, di cui 886 miliardi per la difesa (con un +3%) e quasi 773 miliardi per gli altri capitoli (senza alcun incremento). Ora Capitol Hill ha meno di una settimana per negoziare le varie voci, tra cui gli aiuti all’Ucraina, e finalizzare il testo prima del 19 gennaio, quando scatterebbe un primo parziale shutdown. Ma restano alcuni nodi, tra cui appunto le richieste dei repubblicani per un giro di vite al confine col Messico. E peraltro proprio ora è emerso da un nuovo rapporto del Pentagono che oltre 1 miliardo di dollari di missili a spalla, droni kamikaze e dispositivi per la visione notturna che gli Stati Uniti hanno inviato in Ucraina non sono stati adeguatamente tracciati dai funzionari americani. Tutto ciò – spiega il New York Times – solleva preoccupazioni che tali armi potrebbero essere state rubate o contrabbandate, anche se il dossier dell’ispettore generale del dipartimento della Difesa non offre alcuna prova che i dispositivi siano stati utilizzati in modo improprio.
Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, da parte sua, si è detto più ottimista ora rispetto al mese scorso di ottenere nuovi aiuti dagli Usa. «Penso che li avremo», ha detto, insistendo che qualsiasi «pausa» nella difesa dell’Ucraina aiuterebbe solo Mosca a riarmarsi e le permetterebbe di «schiacciare» il suo paese. Buone notizie per lui arrivano invece da Londra: il premier britannico Rishi Sunak è volato a Kiev per annunciare uno storico accordo di sicurezza tra i due paesi, che Zelensky ha definito «senza precedenti». Esitare sugli aiuti «incoraggerebbe» Putin, la Corea del Nord e l’Iran, ha avvertito Sunak. Il primo ministro ha sottolineato che il Regno Unito è il primo paese del G7 a firmare un simile accordo (che tutte le nazioni del Gruppo avevano promesso al vertice della Nato a Vilnius lo scorso anno). La mossa «invia il segnale forte a Putin e ad altri che siamo qui per restare, e per sostenere l’Ucraina a lungo termine». «La giornata di oggi segna uno spartiacque nella storia europea – ha scritto Zelensky su X – Se il Regno Unito e altri paesi avessero fornito un tale livello di garanzie dopo il 1991, non ci sarebbe stata alcuna aggressione russa. Il nostro obiettivo comune è garantire che un attacco all’Ucraina non si ripeta mai più». L’intesa ha durata decennale e comprende garanzie bilaterali di sostegno militare ed economico fino a 2.5 miliardi di sterline (circa 3 miliardi di euro). I principali impegni di Londra sono la fornitura di assistenza globale per la protezione e il ripristino dell’integrità territoriale di Kiev, prevenzione e deterrenza attiva, contromisure contro qualsiasi escalation militare e sostegno alla futura integrazione nelle istituzioni euro-atlantiche.