Il bazooka di Draghi contro l’Europa

Il bazooka di Draghi contro l'Europa

E i sorrisi, i baci, gli abbracci con la von der Leyen che gli parla e lo guarda estasiata. Poi le bandiere, le tv, i flash impazziti, e una foto insieme non si nega a nessuno, e tutti che lo cercano, e tutti che hanno qualcosa da chiedergli, e tutti che vogliono mettersi vicino a Super Mario. La star. L’uomo che ha salvato l’euro e che domani forse, magari, chissà. Lui a dire il vero cerca di mantenere il profilo basso, di restare nella sua cifra accademica, ma insomma, il Draghi che si presenta a Bruxelles e indica ai commissari la strada per risollevare la competitività perduta non sembra solo un professore, tantomeno «un nonno». Infatti eccolo che spiega come «l’economia europea si sia indebolita» e che per «ridarle slancio occorre una road map ampia e dettagliata». Non c’è tempo da perdere, serve un percorso che «stabilisca chiaramente priorità, linee di azione, politiche».

Un programma di governo? Se non lo è, gli somiglia molto. Ufficialmente Draghi è a Jodougne, periferia sud di Bruxelles, per illustrare alla Commissione come intenda muoversi nell’ambito dell’incarico che gli affidato Ursula, però ormai ogni sua mossa viene vivisezionata, passata al microscopio, spesso equivocata. Andrà al posto di Michel che ha scelto di candidarsi al Parlamento? Vuole la poltrona della von der Leyen? Ha altre ambizioni? «Non sono in corsa per nulla», ripete per bocca dei suoi collaboratori, poi capita che il Financial Times lo incoroni prossimo presidente del Consiglio Europeo che subito le cancellerie fremano. Oppure che mercoledì scorso incontri a Milano sessanta amministratori delegati di multinazionali del forum Erti per provocare nuovo interesse. «Sono qui per ascoltare l’industria».

A Bruxelles invece più che sentire parla. Parte dalla fotografia del reale, un’economia Ue in «progressivo» indebolimento, che cede centralità nelle catene dell’offerta a Stati Uniti e Cina. Gli anni di Trump alla Casa Bianca, la rivoluzione green, l’avvento «più veloce del previsto» dell’intelligenza artificiale hanno cambiato il mondo e l’Europa non si è aggiornata. Poi le guerre, con il conflitto in Ucraina che conferma la fragilità del continente anche dal punto di vista geopolitico. Come se ne esce? Preparando una mappa che indichi dove agire. In soldoni, quali riforme servono, in che modo sveltire le decisioni, quanti pezzi di sovranità nazionale dovranno essere ceduti. Politica estera, difesa, fisco: se non integriamo in fretta questi settori, è l’idea dell’ex premier italiano, l’Europa sarà sempre più ai margini.

E l’individuazione di questi percorsi dovrà basarsi sull’analisi accurata dei fatti. Da qui la relazione che Draghi sta preparando sul rilancio della competitività che, raccontano ai piani alti di Palazzo Berlaymont, si vorrebbe costituisse una pietra miliare per i prossimi cinque anni di legislatura, con delle linee d’azione precise nei diversi settori. Non sarà una Bibbia. L’intenzione, riferiscono fonti vicine all’ex presidente della Banca Europea, è infatti di coinvolgere «gli stakeholder rivelanti», aprendosi al contributo di tutti e «alle soluzioni incisive e ambiziose». Sul punto, nel seminario a porte chiuse, intervengono anche i commissari, parlando dell’agenda politica della Ue del 2024 da qua alle elezioni, dei temi specifici legati ai vari portafogli comunitari, alle prospettive. Molto contenta alla fine Ursula von der Leyen. «Caro Mario, grazie per l’eccellente scambio di vedute. Abbiamo discusso di sfide e politiche, non vedo l’ora di avere il tuo rapporto che aiuterà a rafforzare l’economia dell’Unione».

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