La guerra a Gaza non si combatte solo a suon di proiettili e missili. Dall’inizio del conflitto, Hamas non è stato più in grado di raccogliere tasse e imposte dagli abitanti della Striscia, vedendosi privato della sua maggior fonte di guadagni. Per questo motivo, i suoi ufficiali si sono rivolti ai sostenitori internazionali dell’organizzazione, chiamandoli a “combattere” quella che l’ex leader politico Khaled Meshal ha definito “una jihad finanziaria”. Un’appello rinnovato anche dall’attuale capo Ismail Hanyieh.
Hamas Leader Ismail Haniyeh: We Should Hold on to the Moment of the Victory of October 7 and Build Upon It; Time Is on Our Side; Donations to Gaza Are Not “Humanitarian Aid” but “Financial Jihad” #Qatar #Hamas #Palestinians #Jihad pic.twitter.com/kZ9MluYhZb
— MEMRI (@MEMRIReports) January 10, 2024
Nel giro di pochi giorni, milioni di dollari sono confluiti nell’exclave palestinese. Gran parte del denaro è stato raccolto grazie a campagne di crowdfunding che hanno utilizzato immagini e video della popolazione colpita dai bombardamenti israeliani per convincere migliaia di persone a donare, spesso e volentieri organizzate da gruppi che da tempo operano in questo campo a sostegno di svariate organizzazioni terroristiche come al-Qaeda, i talebani e le stesse brigate al-Qassam di Hamas. Una vera e propria rete estesa in tutto il Medio Oriente e l’Europa, che già da anni è finita nel mirino degli Stati Uniti. Le sue strategie si sono perfezionate nel tempo, con i vari gruppi che hanno imparato a sfruttare le piattaforme social, il crowdfunding, le criptovalute e il potere emozionale delle tragedie internazionali. “C’è un legittimo bisogno di aiuti e denaro a Gaza in questo momento, ed è molto facile per qualcuno creare un sito web con le foto di un bambino ferito”, ha spiegato Matthew Levitt, un ex funzionario del dipartimento del Tesoro statunitense specializzato in antiterrorismo. “Si tratta di una grande opportunità per chi raccoglie fondi destinati ad Hamas”. Ufficiali israeliani hanno stimato che dal 7 ottobre nella Striscia sono arrivati oltre 200 milioni di dollari, una cifra che include il denaro inviato anche da associazioni che operano nella completa legalità e hanno raccolto fondi per aiutare i milioni di persone che hanno urgente bisogno di cibo e medicine. Secondo lo Stato ebraico, parte dei soldi è stata utilizzata da Hamas per pagare i propri combattenti e finanziare le operazioni politiche del gruppo all’estero.
Una delle campagne che più ha contribuito a questa “jihad finanziaria” è stata la Mobilization for Palestine campaign, iniziata il 9 ottobre in Kwait per “aiutare le famiglie di Gaza”, che ha raccolto circa 8.3 milioni di dollari nei primi tre giorni. Tra i suoi principali sponsor vi è la Revival of Islamic Heritage Society, un’organizzazione sanzionata dagli Stati Uniti nel 2008 perché colpevole di aver offerto supporto monetario ad al-Qaeda e accusata nel 2011 di aver aiutato Osama bin Laden a spostare denaro e inviare messaggi ai suoi sottoposti tramite le sue sedi in Pakistan e Afghanistan. Nel 2013, inoltre, ha partecipato ad un’altra campagna organizzata dal Kwait per raccogliere fondi destinati all’acquisto di armi da inviare a 12mila combattenti islamisti impegnati nella guerra civile siriana. Un altro esempio della rete di supporto ad Hamas, questa volta su suolo europeo, è la francese Humani’Terre, nota anche come Cbsp e bersaglio delle sanzioni di Washington fin dal 2003 perché i suoi leader hanno raccolto “grandi quantità di denaro da moschee e centri islamici, per poi trasferirli alle sotto-organizzazioni di Hamas”.
Il dipartimento del Tesoro statunitense è riuscito anche a impedire al gruppo terroristico di accedere al proprio portfolio di investimenti dal valore di 500 milioni di dollari e di utilizzare network bancari internazionali. Fermare completamente il flusso di denaro diretto alle casse dell’organizzazione sembra però impossibile, e questo anche perché Hamas conta tra i suoi metodi di approvvigionamento anche l’hawala, un sistema informale di trasferimento di denaro contante basato sulle prestazioni e sul codice d’onore di una vasta rete di mediatori. Transazioni dunque completamente invisibili che, secondo Levitt, sono la via tramite cui l’organizzazione palestinese fa entrare a Gaza “grosse somme di denaro”. Un’opinione, questa, condivisa anche dagli israeliani che di recente hanno eliminato Subhi Ferwana, uno degli ufficiali collegati alla rete dell’hawala di Hamas, e Saleh al-Arouri, il numero due dell’organizzazione ritenuto “un finanziatore chiave e facilitatore” per la raccolta di denaro destinato al movimento palestinese.