Pierluigi Battista è giornalista e scrittore e ha aderito all’associazione «Setteottobre» nata per reagire a pregiudizi e antisemitismi (la prima assemblea pubblica sarà il 21 gennaio a Roma) dopo l’aggressione a Israele da parte dei terroristi di Hamas. Lo abbiamo intervistato per capire la sua opinione sul fatto che Israele sia sotto processo alla Corte internazionale di giustizia dell’Aja, che è il principale organo giudiziario dell’Onu, con l’accusa di genocidio, presentata dal presidente del Sud Africa Cyril Ramaphosa.
Battista cosa pensa dell’accusa contro Israele?
«Penso che la prima cosa che si debba fare è riflettere sulla legittimità di una corte che è emanazione di un’assemblea dell’Onu dove sono presenti anche le peggiori dittature. A sostenere l’accusa verso Israele, ad esempio, c’è un Paese come l’Iran dove si può essere impiccati per accuse assurde o picchiati per la strada se non si indossa correttamente un velo. Ovviamente quindi il giudizio rischia di essere politico ed è inficiato da una serie di fattori, quegli stessi fattori che inceppano anche molti altri organi internazionali. Io sono contrario persino all’idea che la Corte possa processare Putin, nonostante sia ovvio che Putin è colpevole di un’aggressione. Sia chiaro, io non sto esprimendo alcun giudizio sui singoli giudici che compongono la Corte dell’Aja. Dico che non ci sono le condizioni per cui questa Corte sia considerabile davvero super partes».
Dubbi di questo tipo ci furono anche sulla corte di Norimberga…
«Era una corte creata dai vincitori e tra i vincitori erano presenti i sovietici che avevano compiuto a loro volta tutta una serie di crimini come l’eccidio di Katyn, dove vennero uccisi migliaia di ufficiali polacchi e che, invece, venne attribuito ai nazisti. È un chiaro esempio di cosa significa una corte che deve rispondere a criteri politici».
È stato utilizzato il termine genocidio…
«La parola è utilizzata ormai a sproposito, continuamente. Genocidio non vuol dire strage, omicidio, violenza… Presuppone l’intento di annientare un popolo. Questo intento chiaramente Israele non ce l’ha ed è surreale che venga attribuito a Israele. Non deve nemmeno essere usato per i fatti dell’8 settembre peraltro. Le azioni compiute dai jihadisti legati ad Hamas sono mostruose ma non sono un genocidio. L’uso improprio delle parole genera confusioni».
Hamas non va a processo…
«L’aggressione, la strage, i corpi smembrati, gli stupri sono stati come dimenticati dall’opinione pubblica. Si può discutere sul quantitativo di forza militare che Israele utilizza nella sua reazione a Gaza, ma come è possibile che si dimentichi l’entità dell’aggressione?».
Secondo lei come si caratterizza la reazione di Israele?
«L’azione militare di Israele ha uno scopo chiaro che è decapitare Hamas o comunque limitarne la capacità di colpire. Come si fa a far finta di non vedere che Hamas ha posizionato i suoi centri di comando sotto gli ospedali e scientemente usato i civili come scudi umani? È assurdo che non si chieda conto ad Hamas di quello che accade».
L’ex premier israeliano Naftali Bennett ha definito questo processo «l’affaire Dreyfus del XXI secolo».
«Anche in questo caso il preconcetto che guida chi accusa mi sembra evidente».