Dalle sabbie della Striscia al Libano. Dal Mar Rosso al Golfo Persico. La guerra tra Israele e Hamas non ha più confini. Anche se nessuno lo ammette il conflitto s’allarga ogni giorno di più. E rischia di coinvolgere oltre agli Usa, anche un’Italia presente con due fregate in quel mar Rosso dove da novembre le milizie filo iraniane Houthi hanno messo a segno 25 attacchi al traffico marittimo. Ma il sequestro di una petroliera dirottata ieri da un commando iraniano riporta al centro della crisi anche un Golfo Persico crocevia del commercio petrolifero e della tensione tra America e Repubblica Islamica. E ieri sera il Times ha reso noto che «entro poche ore» anche la Gran Bretagna dovrebbe unirsi agli Stati Uniti nell’effettuare attacchi aerei sulle posizioni militari appartenenti agli Houthi nello Yemen. Tutto è cominciato all’alba di ieri.
Quando la St Nikolas, una superpetroliera da un milione di tonnellate della Empire Navigation greca, viene abbordata da un pugno di armati al largo dell’Oman. La nave, carica di greggio iracheno destinato a un cliente turco, interrompe le comunicazioni e invece di proseguire in direzione Sud-Est lungo la costa dell’Oman inverte la rotta e punta a Nord verso il porto iraniano di Bandar-e-Jask. L’episodio riporta alla mente gli episodi di fine anni ’80 quando i barchini dei pasdaran si scontravano con le unità americane mandate a pattugliare il Golfo. E ad accrescere le paure contribuisce la storia della St Nikolas. Un anno fa la petroliera, conosciuta ancora come Suez Rajan, fu sequestrata dalle autorità statunitensi mentre trasportava petrolio iraniano diretto in Cina violando le sanzioni di Washington.
Al sequestro del carico le autorità iraniane risposero con richiesta di sequestro della petroliera. Un provvedimento che ora sembrano pronti a imporre nuovamente. Ma l’episodio potrebbe spingere gli Usa a esercitare, come in passato, il proprio ruolo di grande potenza pronta a difendere la libertà di navigazione e di commercio. Un ruolo messo in gioco anche nel Mar Rosso dove le incursioni degli Houthi bloccano il 30% del commercio marittimo internazionale e il 40% di quello diretto in Italia.
Ma mentre il contenzioso del Golfo Persico riguarda sostanzialmente Usa e Iran quello del Mar Rosso minaccia di coinvolgere anche noi. Da ieri la fregata Federico Martinengo ha affiancato la Virginio Fasan presente nella zona da prima di Natale. Le due unità non partecipano formalmente alla missione di contenimento delle incursione Houthi, ma rispondono al comando della missione antipirateria Atlanta. Un inasprimento della tensione potrebbe però spingerle a partecipare alle operazioni al fianco delle unità statunitensi e inglesi. E mentre anche l’Italia rischia un coinvolgimento nel conflitto, la diplomazia americana cerca disperatamente una soluzione.
La missione mediorientale del segretario di Stato Antony Blinken, fin qui fallimentare, ha riservato qualche sorpresa nella tappa conclusiva che ha visto ieri l’inviato americano a colloquio al Cairo con il presidente egiziano Abdel Fattah Al Sisi. L’Egitto sembra disponibile a un nuovo negoziato con Usa e Qatar, il cui obbiettivo sarebbe la riconsegna degli ostaggi israeliani in cambio di un nuovo cessate il fuoco e della liberazione di altri prigionieri palestinesi detenuti in Israele.