La catena di approvvigionamento del settore automotive è nuovamente a rischio. Questa volta non è una nave che blocca il canale di Suez e nemmeno la pandemia, bensì le incursioni delle milizie Houthi davanti alle coste dello Yemen che hanno acceso una nuova crisi nel Mar Rosso, mettendo a repentaglio la sicurezza delle navi cargo e di tutto il trasporto marittimo che passa per l’area. Le prime a subire le conseguenze di questa situazione sono state Tesla e Volvo che hanno annunciato alcuni stop alla produzione nelle fabbriche europee ma non è da escludere che presto anche altre case automobilistiche debbano fare i conti con questa situazione.
Ma andiamo in ordine: gli attacchi alle navi da parte dei Houthi sono iniziati da alcune settimane con l’obiettivo di mettere pressione ad Israele affinché interrompa il conflitto nella striscia di Gaza, costringendo le principali società di trasporto marittimo a optare per altre rotte rispetto a quella che attraversa il Mar Rosso. Ad esempio circumnavigare l’Africa passando per il Capo di Buona Speranza, una decisione che costa tanto, siano in termini economici che di tempo. In particolare quasi 1 milione di dollari di carburante in più e 10 giorni di navigazione ulteriori che pesano sui tempi di consegna della componentistica.
E così Tesla ha annunciato la chiusura per circa due settimane della Gigafactory di Berlino: “I conflitti armati nel Mar Rosso e i relativi spostamenti nelle rotte di trasporto tra Europa e Asia attraverso il Capo di Buona Speranza hanno un impatto sulla produzione a Grünheide”, si legge in una nota diffusa dal marchio americano guidato da Elon Musk “i tempi di trasporto notevolmente più lunghi stanno creando un gap nelle catene di approvvigionamento”. Una scelta analoga è stata fatta da Volvo a Gand, in Belgio, dove il marchio svedese produce la XC40 e la C40 con lo stop che qui durerà per tre giorni. E le altre? Volkswagen per ora rassicura tutti, affermando di essere in contatto con la catena di approvvigionamento e di non temere ripercussioni, così come BMW che dice di non aver subito alcun impatto dalla crisi nel Mar Rosso. È presto per dire se si tratti di un problema passeggero oppure delle avvisaglie di un nuoto problema per il settore auto ma i segnali non sono di certo incoraggianti.