I riflettori del mondo intero sono puntati su Taiwan, dove tra poche ore si terranno le elezioni generali che decreteranno il nuovo presidente dell’isola e ne rinnoveranno il Parlamento monocamerale. C’è attesa di capire chi prenderà il posto di Tsai Ing Wen, attuale leader in carica, ma anche di osservare le reazione di Pechino. Ricordiamo, infatti, che il governo cinese considera quella taiwanese una “provincia ribelle” da riunificare quanto prima alla “madrepatria”. E che il braccio di ferro tra Stati Uniti e Cina per il controllo dello strategico Indo-Pacifico passa proprio da Taipei. Rivendicata dal Dragone, ma protetta dall’ombrello di Washington. Lo scenario da incubo per la sicurezza globale coinciderebbe invece con un conflitto regionale incentrato su un territorio, Taiwan appunto, dal quale proviene più del 90% dei microchip avanzati del mondo, prodotti vitali per costruire ormai qualsiasi prodotto, dagli iPhone ai veicoli elettrici. Ecco perché le elezioni taiwanesi sono più che semplici elezioni.
I tre partiti in corsa
I tre principali partiti in corsa sono il Partito democratico progressista al potere (Dpp), il Kuomintang ( Kmt ) e il Partito popolare di Taiwan ( Tpp), istituito solo nel 2019. Il Dpp, che sostiene l’identità separata di Taiwan dalla Cina e respinge le rivendicazioni di sovranità di Pechino sull’isola, ha attualmente una maggioranza in parlamento, con 63 seggi.
Il Kmt, pur essendo anti comunista, sostiene la posizione secondo cui Taiwan e la Cina appartengono a una “sola Cina”, e segue con 38 seggi. Il Tpp, che anch’egli intende impegnarsi nuovamente a dialogare con il governo cinese rompendo il gelo del Dpp, è invece fermo a cinque.
Numerosi altri piccoli partiti, come il Partito per la costruzione dello Stato di Taiwan a favore dell’indipendenza, e il Nuovo Partito apertamente a favore della Cina, sono candidati alle elezioni parlamentari, ma è improbabile che la maggior parte di queste fazioni possa ottenere risultati rilevanti o degni di nota.
Chi sono i candidati
In testa ai sondaggi, con un margine limitato, troviamo l’attuale vice presidente William Lai del Partito democratico progressista, un sostenitore della sovranità di Taipei intento a rafforzare le relazioni tra Taiwan, Stati Uniti, Europa e altre democrazie.
Il suo principale rivale è Hou Yu Ih del Kuomintang, che adotta un approccio più amichevole nei confronti di Pechino. Il terzo incomodo, in teoria distaccato dai suoi due sfidanti, è l’ex sindaco di Taipei Ko Wen Je del Partito popolare di Taiwan.
Il nuovo presidente entrerà in carica il prossimo 20 maggio. Il mandato presidenziale ha una durata di quattro anni e un presidente può servire per un massimo di due termini consecutivi. Il presidente di Taiwan è comandante in capo dell’esercito e nomina il premier.
Cosa dicono i sondaggi
Secondo i sondaggi più recenti, rilasciati la scorsa settimana, Lai sembrerebbe essere destinato a vincere. Il suo vantaggio su Hou varia da 3 a 11 punti percentuali. Ko è quasi sempre indicato per ultimo.
I sondaggisti hanno tuttavia messo in guardia su fluttuazioni significative ed eventuali colpi di scena. Nei mesi scorsi, il vantaggio di Lai era spesso all’interno del margine di errore.
Come e quando si vota
I seggi elettorali sono aperti dalle 8 alle 16. (dalle 2 di notte alle 9 del mattino orario italiano) del 13 gennaio. I voti vengono espressi di persona nelle stazioni di voto designate (spesso scuole) mettendo un segno accanto al candidato preferito su un foglietto. Le schede vengono conteggiate a mano e ogni voto viene visualizzato per il controllo pubblico prima di essere considerato valido o nullo. Per le elezioni presidenziali, il vincitore ha bisogno di una maggioranza semplice.
Per il parlamento, formalmente chiamato Yuan legislativo, ogni elettore deve sostanzialmente votare due volte: una per il candidato distrettuale locale e l’altra per un partito. Ci sono un totale di 113 seggi in palio, di cui 73 eletti a maggioranza semplice in collegi elettorali definiti e 34 assegnati in modo proporzionale a ciascun partito. Gli elettori, dunque, votano sia per un candidato sia per un partito (che deve però ottenere almeno il 5% del totale dei voti per conseguire seggi). Sei seggi sono infine riservati alla popolazione indigena di Taiwan.
Cosa c’entrano Cina e Stati Uniti
Tutti e tre i candidati presidenziali sono anti comunisti e a favore dello status quo, e nessuno di loro sposa una posizione favorevole alla Cina. Differiscono sulla questione di come mantenere il suddetto status quo. In particolare, i legami economici e commerciali tra le due sponde dello Stretto proteggono Taiwan dalle aggressioni cinesi o la rendono più vulnerabile?
Hou e il Kmt ritengono che mantenere buoni legami commerciali attraverso lo Stretto sia la chiave per trattenere Pechino dall’effettuare azioni sconsiderate, mentre Lai e il Dpp, all’opposto, sono convinti che proseguire su questa strada possa portare verso un’integrazione con la Cina a tutti i livelli. Ko si inserisce a metà strada proponendo un approccio pragmatico.
Per la Cina, e per le ambizioni di Pechino, sarebbe auspicabile una vittoria del Kmt, se non altro per ristabilire discreti rapporti diplomatici con l’isola. Al contrario, una conferma del Dpp potrebbe generare nuove escalation, almeno a giudicare dalle recenti esternazioni del leader cinese Xi Jinping. Gli Stati Uniti, che non intendono in alcun modo assistere ad una fantomatica riunificazione, preferirebbero continuare a lavorare con il Dpp. Vedremo quale sarà il risultato delle urne.