Sonia Bergamasco: “Sul palco porto il coraggio e la voce di Etty Hillesum”

Sonia Bergamasco: "Sul palco porto il coraggio e la voce di Etty Hillesum"

Si intitola Su Etty Hillesum. Memorie di un cuore pensante e, come racconta Sonia Bergamasco, attrice e regista, «non è uno spettacolo: è una forma di lettura e un incontro, in cui io e Elisabetta Rasy siamo in dialogo per intrecciare le nostre voci attraverso l’opera di Etty Hillesum e il libro che Rasy le ha dedicato». Etty Hillesum nasce nella cittadina olandese di Middelburg novanta anni fa, il 15 gennaio del 1914 e muore ad Auschwitz nel novembre del 1943, dove è sterminata quasi tutta la sua famiglia. Nel 1941, mentre vive e lavora ad Amsterdam, scrive nel suo Diario (Adelphi, 2012): «È un problema attuale: il grande odio per i tedeschi che ci avvelena l’animo». Ripetiamolo: in mezzo alla furia nazista, per la giovane scrittrice ebrea l’«odio indifferenziato è la cosa peggiore che ci sia», «una malattia dell’anima». E allora si capisce perché Bergamasco porti la sua voce sul palco del Piccolo Teatro Mauro Bolognini di Pistoia (27 gennaio, ore 20.45), nell’ambito del festival Le parole di Hurbinek – Giornate della memoria: «È una testimonianza sconvolgente di pensiero libero e di coraggio assoluto, che lei irradia in un momento storico atroce: ha la possibilità di fuggire e trovare un’altra via oltre quella della morte sicura che le si prospetta, ma sceglie di stare, di non fuggire e non difendersi. La sua è una scelta rigorosa, anche difficile da accettare: ha visto l’inferno per sé e la fine per un popolo, ma ha deciso di guardare il male negli occhi. Ed è molto importante parlarne oggi, in un momento in cui tutti viviamo una guerra atroce, fra Gaza e Israele».

Come ci si prepara, da attrice, a un ruolo così? «Mi metto in ascolto di quello che Etty ha scritto, cerco di seguirla e lei ci dà molto: spero e penso che la sua luce arrivi al pubblico di oggi». Con tutte le sue sfumature: «Etty Hillesum non è catalogabile: è una giovane donna carnale, che conosce l’amore, il sesso e il piacere; ma, attraverso la storia che è costretta a vivere, essi si trasformano e si fanno piacere spirituale, altissimo, quasi mistico. Del resto i mistici sono spesso avvicinati a grandi amanti, con la loro fisicità potentissima». Fisicità che è tutt’uno col lavoro di Sonia Bergamasco, che ha intitolato Un corpo per tutti (Einaudi) un suo libro che «è un manuale, molto personale, sul mestiere di attrice»; e al centro di questo mestiere, dice, «c’è il corpo, come strumento espressivo assoluto». Più che una provocazione, «una rivendicazione».

Come si arriva a fare del proprio corpo questo strumento espressivo assoluto, dal teatro al cinema, dalla tv alla musica (prima ancora che alla scuola di recitazione del Piccolo Teatro con Giorgio Strehler, Sonia Bergamasco si è diplomata in pianoforte al Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano)? «Fatica, lavoro, studio, immersione, dubbi, gioie, piccoli risvegli…». E poi incontri, leggende della recitazione come Giorgio Strehler e Carmelo Bene, con cui lavora nei primi momenti della sua carriera: «Incontri fondamentali e anche scontri. Ma questo è un bene: dalla frizione e dalle differenze possono nascere scintille». E infatti: «Strehler è stato l’inizio, un grande artista, ma il teatro ospita una pluralità di voci, sguardi e visioni. Bene è stato un punto di svolta per me: ho incontrato il grande artista e intrecciato saldamente la linea musicale, che è la mia prima lingua, col mestiere di attrice. Per la prima volta ho compreso che quello che portavo in scena doveva essere molto personale, che doveva essere mio e che, quindi, la musica doveva essere molto presente». Di più: «Per me la musica è tutto, anche nel silenzio. Ed è, innanzitutto, ascolto». E infatti Sonia Bergamasco si ritrova due volte sul set al cinema con Franco Battiato, per Musikanten e Niente è come sembra, «opere avventurose e scardinate dalla norma» e una volta anche in televisione, per Bitte, keine Réclame: «È stato un incontro dolcissimo, con una creatura già immersa in una sua dimensione profondamente spirituale. Non smetto di pensarlo, ascoltarlo e ricordarlo. Il programma con lui è stato per me una delle cose più interessanti e divertenti che abbia fatto in tv».

Ma fra Battiato, Bene, i film di Giordana, Bertolucci, Cavani, gli spettacoli (anche da regista) dedicati a autrici come Irène Némirovski, Ingeborg Bachmann («un mio grande amore»), Sylvia Plath, Amelia Rosselli, Annie Ernaux e, ora, Etty Hillesum ci sono anche i successi del Commissario Montalbano e di Quo vado?: «Penso sia stato un caso curioso, entrambi sono stati lavori popolarissimi, che in tv e al cinema hanno sbancato, e mi fa molto piacere, perché li ho fatti con convinzione». Un corpo davvero «per tutti», allora? «È la missione del mestiere: essere capace di immergersi, cambiare, dare voce a una pluralità di storie, altrimenti che cos’è? Portare solo sé stessi sul palco, ritagliarsi sempre lo stesso ruolo? Sarebbe noioso, e la vita non può essere noiosa…».

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