“Mai più monetine contro i politici”. Ma Conte dimentica il grillismo forcaiolo

"Inadeguati". "Ha memoria corta". E l'affondo di Conte diventa un boomerang

Come predica bene, Giuseppe Conte. A parole è abilissimo. Peccato però che i grillini di cui è il leader abbiano spesso razzolato male. Stamani, illustrando le proposte del Movimento in materia di regolamentazione delle lobby e conflitto di interessi, l’ex premier ha affermato con tono deciso: “Non vogliamo tornare alle immagini dei cittadini che tirano le monetine ai politici. Vogliamo fare di tutto per allontanare il ritorno di quelle immagini“. Il riferimento implicito era al riprovevole linciaggio che Bettino Craxi subì il 30 aprile 1993 all’uscita dell’hotel Raphael a Roma. A distanza di oltre 30 anni da quell’episodio, Conte si è presentato come un convinto contestatore di quelle modalità di dissenso.

La politica – ha spiegato il leader pentastellato – deve avere al centro “il bene comune e non il bene personale di chi la fa“. Tutto condivisibile, se non fosse che il grillismo penastellato abbia storicamente basato il proprio consenso su un populismo non troppo dissimile da quello che nel ’93 spinse alcuni cittadini a scagliare quelle monetine contro l’ex premier socialista. La retorica dell’antipolitica è stata la benzina che ha mosso il Movimento sin dai suoi esordi, quando i cosiddetti partiti tradizionali venivano guardati con sospetto e pregiudizio ostile dai seguaci di Beppe Grillo. Per non parlare di quell’atteggiamento giustizialista che interpeta il mondo attraverso criteri tribunalizi e che per la verità non ha mai smesso di ispirare il pensiero grillino duro e puro.

Sapere che Giuseppe Conte voglia “fare di tutto” per evitare il ritorno dei linciaggi anti-casta ci rassicura, ma in quest’ottica il leader del Movimento dovrebbe forse riconoscere e condannare anche gli atteggiamenti forcaioli di cui il Movimento si è fatto interprete in passato. E che rischiano, per riflesso pavloviano, di ritornare al primo tintinnar di manette più o meno giustificato. “Siamo molto preoccupati, cerchiamo di riportare l’attenzione sulla questione morale“, ha anche aggiunto il leader dei 5s nell’odierna conferenza stampa, introducendo così un criterio – quello della moralità, appunto – che in senso lato è certo condivisibile, ma che nella realtà può anche essere mal interperato e alimentare di conseguenza pericolose contrapposizioni. La retorica dei buoni e dei giusti contro quella dei manigoldi (magari solo accusati o sospettati di essere tali) non è forse quella che ha animato i tempi di Manipulite, sfociando in contestazioni plateali come quella dell’hotel Raphael?

Guardiamo alle cronache delle ultime settimane. C’è un clima di restaurazione, stiamo tornando al passato. Vediamo parlamentari che fanno i lobbisti, procacciatori d’affari. Parlamentari che fanno affari con Stati esteri: e non si capisce se portano in giro la bandiera italiana, quella di uno Stato estero o quella dei propri interessi personali“, ha proseguito l’ex premier, prendendosela poi con il governo e con i partiti che sostengono l’abrogazione dell’abuso d’ufficio. “Viene ridimensionata la norma sul traffico di influenze e le intercettazioni quando sappiamo che oggi per cercare di perseguire i reati contro la pubblica amministrazione” servono le intercettazioni, ha attaccato Conte, ribadendo che “la questione morale è assolutamente tornata centrale“.

Al di là dei solenni proclami, però, così si ritorna alle solite. In particolare, si riaccende la discutibile retorica di chi – rivendicando una presunta superiorità morale – avanza sospetti contro chi esprime valutazioni politiche differenti, magari più garantiste.

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