Ilva, Urso inchioda Conte: “Nessuno avrebbe mai sottoscritto quell’accordo”

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Sull’Ilva non c’è più tempo da perdere. Il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, è molto chiaro nella sua informativa al Senato e detta le prossime mosse istituzionali per risolvere una situazione che si trascina ormai da diversi decenni. Infatti, “c’è l’urgenza di un intervento drastico che segni una svolta netta rispetto alle vicende per nulla esaltanti degli ultimi 10 anni“, dichiara l’esponente di governo. “Siamo in un momento decisivo che richiama tutti al senso di responsabilità – ha aggiunto -. Nulla di quello che era stato programmato e concordato è stato realizzato. Nessuno degli impegni presi è stato mantenuto in merito agli impegni occupazionali e al rilancio industriale“.

L’ultima tappa della vicenda

Tre giorni fa c’è stata la rottura nel vertice tra governo e soci privati. La parte pubblica ha proposto ai vertici dell’azienda un aumento di capitale da 320 milioni di euro che avrebbe portato Invitalia in maggioranza, oltre ad apportare le risorse per garantire la continuità operativa. Nell’incontro, tuttavia, Palazzo Chigi ha ricevuto l’indisponibilità di ArcelorMittal a versare risorse. Tra altro, secondo Invitalia c’è poi da mettere in conto anche un altro miliardo necessario per rilevare gli impianti dai commissari entro la fine di maggio. In un momento successivo, il colosso indiano dell’acciaio ha fatto sapere di essere disposto a scendere in minoranza nell’azionariato, a patto di mantenere un controllo paritetico. Gli scenari che si aprono sono quindi quelli dell’amministrazione straordinaria o controllata, con il rebus del cambio al vertice di Acciaierie d’Italia e gli scenari di contenzioso che rischiano di ipotecare ulteriormente il futuro produttivo.

L’inversione di rotta sull’Ilva

Sull’ex Ilva “intendiamo invertire la rotta cambiando equipaggio – prosegue il ministro Urso -. Ci impegniamo a ricostruire l’ex Ilva competitiva sulla tecnologia green su cui già sono impegnate le acciaierie italiane, prime in Europa. L’impianto è in una situazione di grave crisi. Nel 2023 la produzione si attesterà a meno di 3 milioni di tonnellate, come nel 2022, ben sotto l’obiettivo minimo che avrebbe dovuto essere di 4 milioni, per poi quest’anno risalire a 5 milioni“, ha aggiunto. Del resto “nulla di quello che era stato programmato e concordato è stato realizzato. In questi anni la produzione si è progressivamente ridotta in spregio agli accordi sottoscritti – ha evidenziato Urso -. Perfino negli anni in cui la produzione di acciaio era altamente profittevole in Europa, come nel 2019, è stata mantenuta bassa lasciando campo libero ad altri attori stranieri“.

Le critiche di Urso al governo Conte

Adolfo Urso è tornato poi sulle decisioni assunte del passato, puntando il dito su un preciso momento della vicenda: “La decisione sulla rimozione dello scudo penale pose ArcelorMittal in una posizione di forza nei confronti del governo. Di fronte alla minaccia di abbandonare il sito e in assenza di alternative, nel marzo 2020 il Governo Conte 2, ministro Patuanelli, avvia una nuova trattativa con gli investitori franco-indiani da cui nascerà Acciaierie d’Italia con l’ingresso di Invitalia al 38% e con la sigla di patti parasociali fortemente sbilanciati a favore del soggetto privato“. “Patti che definire leonini è un eufemismo – precisa Urso –. Nessuno che abbia cura dell’interesse nazionale avrebbe mai sottoscritto quel tipo di accordo. Nessuno che abbia conoscenze delle dinamiche industriali avrebbe accettato mai quelle condizioni“.

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