Il rebus del lavoro. I posti ci sarebbero ma manca il mestiere

Il rebus del lavoro. I posti ci sarebbero ma manca il mestiere

L’attuale difficoltà degli imprenditori italiani, ma anche della Pubblica Amministrazione, di trovare un numero adeguato di figure professionali correttamente formate rischia di assumere proporzioni drammatiche se si analizza lo scenario dei prossimi anni. Secondo l’ultima analisi Unioncamere ANPAL sui fabbisogni occupazionali al 2027, le imprese e la PA necessiteranno di circa 3,8 milioni di nuovi lavoratori, il 72% dei quali saranno chiamati a sostituire occupati in uscita dal mercato del lavoro e il restante 28% a occupare una nuova posizione generata dalla prevista espansione economica. Ci troviamo, quindi, di fronte a due problemi molto seri che finiscono col penalizzare non solo le aziende, ma anche, paradossalmente, i giovani che, dinnanzi a tante opportunità, non sempre hanno le competenze e gli stimoli necessari per coglierle. Il primo problema è di tipo quantitativo; se si confronta l’offerta di profili aventi una formazione di livello secondario con il fabbisogno di imprese e PA, emerge un mismatch enorme: il 40% delle posizioni lavorative potrebbe rimanere scoperto.

In settori quali i trasporti e la logistica, il sistema moda, la meccatronica e la meccanica, l’energia, le costruzioni, si potrebbe addirittura arrivare a un’offerta in grado di coprire meno di un terzo della potenziale domanda di figure professionali. Appare migliore la situazione per l’offerta di profili con formazione terziaria, ma anch’essa potrebbe non essere comunque in grado di soddisfare l’intera domanda. A questo si aggiunge il problema di tipo qualitativo: più di 7 nuovi lavoratori su 10 devono sostituire professionisti con un elevato livello di competenza, esperienza e quindi autonomia operativa e decisionale; vi è perciò anche la necessità di colmare un gap rilevante di tipo qualitativo tra professionalità in uscita e professionalità in entrata. L’impatto di questi due problemi sul sistema economico ha generato nel 2022, secondo Unioncamere, una perdita di valore aggiunto di circa 38 miliardi di euro, che è facile prevedere in tendenziale crescita nei prossimi anni se non si inverte con decisione la rotta. La nuova filiera formativa tecnologico-professionale, anche detta del 4+2, una riforma fortemente voluta e perseguita dal Ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara, coglie parte dall’assunto che istruzione e lavoro debbano naturalmente dialogare tra loro.

Per ottenere questi risultati, la riforma propone, per la prima volta, un sistema integrato e coerente di strumenti chiamati a costruire localmente alleanze virtuose che permetteranno nel lungo periodo di ridisegnare il tessuto socio-economico cogliendo tre obiettivi. Con i nuovi campus, i percorsi personalizzati, il rafforzamento di tutto l’ambito disciplinare STEM, lo sviluppo di competenze tecnologiche abilitanti, le esperienze sul campo anche attraverso scambi in contesti nazionali e internazionali, il reddito previsto nell’apprendistato formativo, la riforma Valditara coglie l’obiettivo di rispondere alle attese delle famiglie e degli studenti e di rinvigorire il tessuto economico anche con nuove forme e iniziative imprenditoriali.

*Pro Rettore Università LUM Consigliere di Amministrazione INDIRE

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