“Nessuna impronta sul coltello”. Quei dubbi sul suicidio del ginecologo Stefano Ansaldi

Stefano Ansaldi, ginecologo assassinato a Milano ieri pomeriggio

La sera del 19 dicembre 2021 Stefano Ansaldi, un ginecologo napoletano, venne trovato senza vita sotto un ponteggio edile non distante dalla stazione centrale di Milano. Alcuni testimoni riferirono di averlo visto barcollare prima che si accasciasse al suolo con un lungo taglio al lato destro della gola. Ma sul coltello da cucina, quello con cui il medico si sarebbe tolto la vita, non c’è nessuna sua impronta. Motivo per cui il gip Ileana Ramundo ha respinto la richiesta di archiviazione delle indagini, avversata dai familiari della vittima, disponendo una nuova perizia medico-legale.

Il coltello

Nel respingere l’archiviazione il giudice per le indagini preliminari ha spiegato che, seppur Ansaldi possa aver organizzato meticolosamente il suicidio indossando un paio di guanti in lattice prima di farla finita, è improbabile che non abbia lasciato tracce sull’impugnatura del coltello. A rigor di logica, ipotizza il gip, il medico avrà pur dovuto maneggiare la lama quando l’ha acquistata o trasportata. E dunque: com’è possibile che non siano state trovate le sue impronte digitali?

Il telefono

Un altro punto oscuro in questa vicenda è la sparizione del telefono. Il cellullare del medico, infatti, non è mai stato ritrovato. Eppure dall’esame dei tabulati risulta che fino a 48 minuti prima della morte era rimasto acceso. “Ne deriva – scrive il Corriere.it riportando le parole del gip – che il mancato rinvenimento può avere due letture entrambe possibili: Ansaldi se ne è disfatto, o l’autore dell’omicidio se ne è impossessato per impedire il ritrovamento di conversazioni intercorse su canali non registrati dai tabulati, quali le conversazioni Whatsapp“.

Il viaggio a Milano

Il 19 dicembre 2019 il ginecologo napoletano era approdato a Milano da Napoli con un Frecciarossa. Dall’arrivo, alle ore 14.50, fino a cinque minuti prima del presunto suicidio, avvenuto alle 18.05, le telecamere di sorveglianza cittadina avevano monitorato i suoi spostamenti. Tre ore in cui Ansaldi non ha mai incontrato alcuno. Senza contare che nessuno dei suoi familiari conosceva la vera ragione del suo viaggio nel capoluogo lombardo. A ciascuno il medico aveva fornito una spiegazione diversa. Forse perché, è lecito pensare col senno di poi, non voleva raccontare qualcosa. Ma cosa?

I debiti

Amici e parenti erano all’oscuro dell’effettiva condizione finanziaria del medico. In pochi sapevano che Ansaldi avesse debiti per 500mila euro nell’ambito di un’attività economica multiforme. Oltre al settore sanitario, il ginecologo aveva preso in gestione una caffetteria ad Afragola, due negozi di abbigliamento a Napoli, un bar e infine un hotel da ristrutturare ad Arzano. Circostanza che getta ulteriori ombre sull’ipotesi del suicidio, ora più che mai incerta.

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