La taciuta assenza per un trattamento chirurgico al cancro alla prostata del segretario alla Difesa Usa Lloyd Austin si sta trasformando in un caso politico non solo nazionale, ma internazionale.
Una falla nelle procedure? Cosa insegna il caso Austin
Mentre monta la marea della accuse da parte del Gop, Austin si nasconde dietro succinte e laconiche comunicazioni che invocano il diritto alla privacy: “Riconosco che avrei potuto fare un lavoro migliore per garantire che il pubblico fosse adeguatamente informato. Mi impegno a fare meglio. Ma è importante dirlo: questa era la mia operazione e mi assumo la piena responsabilità delle mie decisioni sulla sua divulgazione“. Il suo caso, infatti, ha scoperchiato il vaso di Pandora delle eccezioni, svelando una serie di incertezze nei protocolli che rischiano di intaccare una catena di comando delicata come quella degli Stati Uniti d’America. Nel tentativo, infatti, di sfruttare un precedente, numerosi costituzionalisti americani hanno invocato il caso del generale Eric Smith, comandante del Corpo dei Marines, ricoverato in ospedale dopo un infarto il 29 ottobre scorso: in quell’occasione il Dipartimento della Difesa rilasciò una dichiarazione nel giro di poche ore. Un guazzabuglio giuridico che ha costretto in fretta e furia il presidente Joe Biden a a chiedere al capo dello staff della Casa Bianca di attivare le procedure necessarie per “garantire che non accada di nuovo“.
L’intervento di Austin e il passaggio dei poteri alla vice
I timori e le contestazioni non si affollano meramente attorno al caso singolo, ma alla gestione generale delle comunicazioni tra Pentagono e Casa Bianca, pilastri della sicurezza nazionale (e internazionale). E poichè lo stato di eccezione spiega anche il comune funzionamento delle cose, il primo pensiero va indubbiamente al caso più estremo: cosa sarebbe accaduto se gli Stati Uniti avessero dovuto scatenare un attacco nucleare proprio mentre il suo segretario alla Difesa giaceva sotto anestesia, in una sala operatoria? La risposta è: nulla.
Austin era stato precedentemente ricoverato, lo scorso 22 dicembre, per una prostatectomia per la quale si era sottoposta a un intervento in anestesia generale presso il Walter Reed National Military Medical Center. Successivamente, erano sorte delle complicazioni post-operatorie che hanno richiesto un nuovo ricovero il 1° gennaio scorso, in terapia intensiva. Solo allora il generale Lloyd avrebbe passato il testimone a Kathleen Hicks (che nel frattempo er ain vacanza a Porto Rico), la numero due al comando, trasferendole “autorità operative a livello strategico“, nonostante fosse a digiuno di informazioni circa il ricovero del generale. Come il presidente Biden e l’intero Consiglio per la Sicurezza Nazionale, lo avrebbe scoperto solo successivamente. Questo genera un secondo interrogativo: Hicks sarebbe stata effettivamente in grado di ricoprire l’incarico temporaneo, non essendo a conoscenza delle sue reali implicazioni?
Come funziona la catena di comando Usa
A rispondere alla domanda ci ha pensato Stephen Schwartz, membro senior del Bullettin of Atomic Scientists, che ha sgombrato il campo dalle polemiche e dagli usi strumentali della vicenda che, sebbene abbia fatto emergere meri profili di opportunità, correttezza e trasparenza, per nulla tange la catena di comando in caso di attacco nucleare. Il primo punto da chiarire è in quanto tempo Washington possa trovarsi a decidere di rispondere a un first use: è stato stimato che i missili balistici lascino agli Usa circa 30 minuti (o anche meno) per formulare una risposta.
Il segretario alla Difesa, in questo caso, non fa parte della catena di comando e non è investito di alcun ruolo formale nell’autorizzare l’uso delle armi nucleari. Egli ha un mero ruolo di consigliere del presidente, che è e resta unico comandante in capo delle Forze Armate. Esattamente come il comandante STRATCOM (che invece è nella catena di comando), la sua approvazione non solo non è richiesta, ma non gli è consentita alcuna revoca dell’ordine presidenziale di utilizzo delle armi nucleari. Joe Biden e i suoi predecessori (assieme al vicepresidente) è l’unico a portare con se il cosiddetto “biscotto“, una scheda contenente i codici che lo identificano come presidente e che gli consentono di ordinare un attacco nucleare, autorizzando il centro di Comando militare nazionale. Oltre al biscotto, la “nuclear football“, la mitica valigetta di pelle nera modello Zero Hallibrurton segue l’inquilino della Casa Bianca in tutti i suoi spostamenti, permettendogli di dare l’ordine d’attacco quando non è in sede. Pertanto, l’incapacità temporanea o permanente del segretario alla Difesa, non interromperebbe affatto la catena di comando tanto meno il lancio, al massimo priverebbe il presidente di un consigliere di alto livello.