“Io, sempre amato a Est dove portavo la musica nei tempi bui del Muro”

"Io, sempre amato a Est dove portavo la musica nei tempi bui del Muro"

Giampiero Anelli, in arte Drupi, una vita in musica e di canzoni, con quindici milioni di album venduti nel mondo, parecchi dischi d’oro. C’è chi lo ricorda agli esordi, la voce più «nera» del pop nostrano degli anni Settanta. Per decenni ha fatto concerti e tour; migliaia di spettatori ovunque in Europa, in particolar modo a Est. Ora di nuovo i riflettori a Milano; giovedì sarà in concerto al Teatro Lirico (ore 21).

Drupi, un ritorno in pompa magna in Italia, o no?

«Non è che sono sparito. È che non faccio certe cose, in tv. Non mi chiamano a fare l’opinionista su cose che non conosco o non vengo contattato per i talent. Sono ruoli per cui non sono tagliato».

Un concerto nel teatro intitolato a Gaber, un evento.

«Sarà una sorta di numero 0, per verificare se potrò fare o mi piace l’idea di portare in tour nazionale un certo tipo di spettacolo. Vorrei riprendere il tutto a settembre o fare qualcosa anche in estate».

«Bella bellissima», «Così piccola e fragile» e «Sereno è»: parliamo di canzoni, della scaletta del concerto…

«Non uso la scaletta. Ho un canovaccio molto blando, decido al momento la canzone da cantare in base a come reagisce il pubblico. È tutto un gioco strano fra me e chi ascolta. Penso che racconterò anche delle cose. Del resto stare a teatro cambia, non è come fare un concerto e basta. Farò me stesso, con la band che da sempre mi segue».

Non c’è tour senza nuovo disco, di solito: anche questo è il caso?

«Qualche mese fa ho fatto una canzone, così per giocare con mia moglie, che si intitola Il gatto e il topolino, un pezzo da regalare a un’amica che amava i gatti. Scrivendo ci siamo accorti che veniva fuori qualcosa di veramente bello e abbiamo deciso di mettere il brano sul web, è andata molto bene. A parte questo, un nuovo album ci sarà più avanti, ma non so quando lo pubblicherò».

Un periodo di svolta, quali le prossime mosse?

«La prossima mossa è fermarmi a chiudere tutti i pezzi nuovi che ho aperti. Poi ci sono diverse proposte, vedremo. C’è anche l’idea di un film, un qualcosa che mi assomiglia; la storia di un musicista degli anni Settanta un po’ strano che vive in una barca, in mezzo a un prato».

Lei e la musica: come si trova fra le tendenze di oggi?

«Qualcosa sta cambiando, nella musica. L’hip hop e il rap sicuramente sono stati una ventata di novità. Ma adesso, questi modi, coi soliti ritmi e le solite tonalità, mi hanno un po’ stancato. È anche una questione di storia personale, i miei idoli erano i Beatles, Ray Charles e Aretha Franklin; mi sono ispirato pure a loro».

A questo proposito, a lei come è andata?

«Prima di arrivare sul palco e al successo, ho fatto di tutto, mi piaceva lavorare come idraulico. Anni magici, avevo tante aspettative e tanti sogni. La musica era solo una passione, poi ho scoperto il blues, che mi ha fulminato; prima ascoltavo Carosone e Buscaglione. Insomma alla fine ci ho provato ed è andata bene».

È andata sempre bene, in particolare in certi paesi…

«L’anno scorso abbiamo fatto sold out a Varsavia, Praga, anche un bel concertone a Vienna e a Zurigo. Nei Paesi dell’Est mi hanno sempre seguito, da quando ho cantato là, prima che cadesse il Muro; un periodo dove pochi provavano a fare concerti. Io ci sono andato per curiosità, a vedere che cosa c’era, a portare le mie canzoni. Da allora hanno cominciato ad amarmi, sono diventato qualcosa oltre la musica».

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